L’uomo chiave della "cricca" dei Grandi Eventi parla e chiede il pagamento di tutte le prestazioni "regalate" ai potenti. "Dieci milioni di lavori non pagati". Per la magistratura servivano a corromperli e ottenere i mega appalti. Ecco la sua versione
Diego Anemone parla. E Roma trema. Il suo nome è infatti accoppiato alla celebre “Lista Anemone”, dove il favore ai potenti si mescolava ai lavori particolari per le caserme dei servizi segreti o per le strutture della Presidenza del Consiglio. L’uomo chiave della cricca dei Grandi Eventi non ha mai detto nulla per quattro lunghi anni né ai magistrati né tanto meno ai giornalisti. Ora, dopo avere incontrato più volte i pm romani Ilaria Calò e Roberto Felici, ha deciso di parlare a tutto campo anche con Il Fatto: dalla casa di Scajola a quella di Ercole Incalza, dai suoi rapporti con i Servizi Segreti fino ai cantieri dei lavori del G8. Anemone ovviamente fa il suo gioco anche ai fini processuali e tiene molte carte coperte. La novità è però il cambiamento di atteggiamento nel processo ‘Grandi eventi’, che vede alla sbarra tra gli altri l’ex direttore della Protezione civile Guido Bertolaso, l’ex presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici, Angelo Balducci, l’ex commissario straordinario per i mondiali di nuoto del 2009, Claudio Rinaldi, l’architetto dei cantieri del G8, Mauro Della Giovampaola. Da qualche tempo, a Roma, Anemone si presenta a tutte le udienze al fianco del suo avvocato, Emilio Ricci.
La difesa sta depositando documenti e memorie piene di allegati. L’imprenditore, dopo anni di silenzio, ha deciso di rendere dichiarazioni nei procedimenti nei quali è indagato o imputato. E basta scorrere la ‘lista Anemone’ per capire perché a Roma, da qualche settimana, si è sparso il terrore anche se Anemone dice di volere solo precisare la sua posizione di fronte alle accuse. Magistrati importanti, dirigenti dei servizi segreti e della Polizia, generali della Guardia di Finanza, funzionari di alto grado della Presidenza del Consiglio e anche molti giornalisti e vip della televisione sono nella lista dei lavori. Anemone ha contabilizzato 10 milioni di euro di lavori non pagati e ha cominciato a inviare lettere per chiedere i soldi indietro. Intanto sta raccontando la ‘sua versione dei fatti’.
Anemone, perché ha deciso di parlare per la prima volta dopo quasi 5 anni?
All’inizio sono stato travolto dall’esperienza del carcere e del processo. Non avevo nemmeno un avvocato penalista di fiducia perché non ero mai stato in una Procura. Mi hanno consigliato di tenere un profilo basso e sono diventato il capro espiatorio. In questi anni mi hanno addebitato qualsiasi nefandezza mentre vedo che i politici e i dirigenti pubblici che hanno ottenuto lavori da me, mai pagati, vivono serenamente nelle loro case.
Ci sono i suoi cantieri alla Maddalena che giacciono inutilizzati e gridano vendetta. Lei e i suoi coimputati ci avete guadagnato. Come fa ora a fare la vittima?
Lei ha ragione a dire che è uno scandalo. Ma sbaglia a prendersela con me. La mia impresa i lavori li ha fatti a regola d’arte e gli appalti sono stati assegnati regolarmente. La mia società è stata scelta da una commissione e nessuno è indagato. I miei lavori sono stati collaudati e nessun collaudatore è indagato.
Lei era socio del figlio di Angelo Balducci nel circolo Salaria Sport Village. Insieme al suo controllore faceva affari immobiliari a Roma.
Balducci era una persona corretta. Quando viaggiavamo insieme lui pagava per me. Nel circolo Salaria, invece, Balducci vedeva un futuro lavorativo per il figlio Filippo. Però non era corruzione perché era un socio vero: è lui che ha prestato la fideiussione per partire. Poi è uscito perché non voleva impegnarsi di più finanziariamente. Il problema non è Balducci ma sorge dopo. L’appalto lo vinci regolarmente poi ci sono i funzionari che ti devono firmare gli stati avanzamento lavori. Magari alla vigilia di Natale quando la Ragioneria dello Stato chiude e tu sai che se quello non firma, non ti pagano fino a marzo, se ti chiedono un favore non puoi rifiutarti. Per esempio Angelo Zampolini mi ha chiamato a casa di Scajola per fare il lavoro, l’ho fatto. Pensavo mi pagasse. Poi non è che puoi chiedere i soldi a un ministro. Non funziona così. Ora ho capito di essere stato strumento di un sistema e sto chiedendo indietro i soldi. Abbiamo stimato 10 milioni di euro di lavori non pagati e abbiamo inviato le lettere. Molti non mi hanno risposto, alcuni dicono che sono matto.
Lei sta chiedendo indietro i soldi dei lavori a tutti i vip presenti nella famosa lista Anemone?
Bisogna distinguere. Molti nomi sono stati tirati in ballo ingiustamente. Con i miei collaboratori abbiamo calcolato una decina di milioni di euro di lavori fatti dalla mia società e non pagati. A molti ho già fatto scrivere dal mio civilista. Ci sono giornalisti, funzionari della presidenza del consiglio ed ex ministri. Per Scajola sto preparando la lettera.
Secondo l’accusa lei avrebbe pagato un milione di euro circa a beneficio di Scajola e poi avrebbe fatto anche i lavori per 100 mila euro nella casa del Colosseo. Tutto è stato dichiarato prescritto in appello. E ora vuole chiedere indietro il milione a Scajola?
La lettera non è ancora partita proprio perché la questione è complessa. Bisogna distinguere. Io accetto l’accusa di avere fatto gratis i lavori a casa di Scajola perché è vero che lui non li ha pagati. L’importo però è molto inferiore: si trattava solo di un bagno padronale e qualche mobile, circa 20mila euro.
E il milione del prezzo pagato?
I soldi non sono usciti dalla mia società.
Però 450 mila euro in contanti escono dalla società Medea, fondata da sua moglie con Mauro della Giovampaola. L’architetto Zampolini dice che sono stati trasformati in assegni da lui.
Peccato che mia moglie non era più socia della Medea e l’atto con Scajola è di luglio. Angelo Zampolini mi accusa e patteggia una pena minima però è lui che porta gli assegni. Ed è lui che segue le trattative con le venditrici. Io non so come siano andate le cose. Comunque di certo Scajola non ha pagato. Lui stesso lo dice ed è giusto quindi che restituisca quei soldi. Ora ho scoperto – grazie al Fatto – che ha incassato un milione e 600 mila euro dalla vendita. Penso sia giusto che mi paghi i lavori e anche che mi dia una parte del guadagno della vendita, come risarcimento del processo che ho subìto.
Cosa fa adesso?
Mi difendo nei processi e cerco di mandare avanti la mia impresa. Avevo concordato un piano di rientro con l’Agenzia delle Entrate, ma rischia di saltare perché lo Stato non mi paga i crediti per milioni di euro per i lavori della Maddalena.
Al processo le contestano proprio l’aumento dei costi alla Maddalena e sostengono che i funzionari chiudevano un occhio in cambio dei suoi favori.
I costi sono aumentati ma non certo perché io ho sperperato i soldi. Sono cambiate le esigenze in corso d’opera. Per esempio abbiamo dovuto aumentare le quantità in relazione alle richieste dei capi di Stato che dovevano partecipare al G8. Per esempio c’era bisogno di più spazio per ospitare le delegazioni che inizialmente dovevano andare con i capi di Stato nell’albergo esterno fatto da un’altra impresa. Oppure è stato necessario cambiare la pavimentazione che era troppo pesante, sostituire il metallo del progetto iniziale della facciata con il cristallo: con il vento della Maddalena avrebbe fischiato. E poi l’ancoraggio della struttura sospesa sulla roccia. Tutto approvato in fase di collaudo.
Ma lei si rende conto di quanto sarebbero utili i 400 milioni sperperati in quell’opera inutile con la crisi attuale?
Io ho fatto il mio lavoro. L’opera è fatta a regola d’arte, come ha detto l’architetto Tito Boeri (Stefano, ndr). Non è certo colpa mia se è abbandonata e nessuno fa la manutenzione. Per quei lavori non mi hanno ancora pagato integralmente nonostante lo Stato abbia riconosciuto con una transazione il suo debito.
Lei è accusato di avere corrotto Bertolaso con 50 mila euro cash, più l’affitto di una casa e persino un massaggio “particolare”. Le ha mai chiesto qualcosa?
Non mi stava simpatico. Era lui che comandava su tutto. Ed era una persona fredda e poco comprensiva nei miei confronti. Non è vero che ho preso i 50 mila euro da Don Evaldo per consegnarli a Bertolaso. La casa non la pagavo io.
Al circolo però avete organizzato per lui un massaggio particolare con una brasiliana. Lei chiama i suoi collaboratori alle 23 e 20 per sapere come era andata. E i suoi collaboratori poi tra loro parlano di preservativi da fare sparire…
Io non conosco questa Monica. Mai vista. Ho chiamato per capire come era andata con un ospite di riguardo come Bertolaso, come facevo sempre quando veniva. Non voglio scaricare nessuno perché quello che succedeva al circolo era sempre responsabilità mia. Però quando uno ha un gruppo con tante imprese deve delegare e, anche se io credo non sia successo nulla, qualcosa può essermi sfuggita di mano.
Un’altra casa comprata anche con i suoi soldi, secondo l’architetto Angelo Zampolini, è quella del genero di Ercole Incalza, attuale capo della struttura delle grandi opere del ministero. La Guardia di Finanza ha accertato un prelievo di 140 mila euro effettuato da suo fratello lo stesso giorno in cui Zampolini paga 140 mila euro in assegni per bloccare quella casa. Ci spiega perché è stata fatta quell’operazione?
Zampolini mi ha accusato ed è uscito indenne. Ma io Incalza non lo ho mai conosciuto né è stato controparte nei miei cantieri. Non avevo interesse a comprare la casa per fargli un favore. Io ammetto invece di avere pagato la casa al generale Pittorru, come prestito. Però il generale lo ha ammesso e mi ha messo i soldi sul conto per restituire il prestito quando ero ancora in galera. Su Scajola e Incalza invece le cose non sono andate come dice Zampolini. Secondo me è facile accusare gli altri e patteggiare. Anche lui dovrebbe raccontare tutta la verità.
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