Ultimo discorso del presidente della Repubblica: "Non posso sottovalutare età e affaticamento". Un messaggio, dice, diretto anche al suo successore, la cui elezione sarà la "prova di maturità destinata a chiudere la parentesi di un'eccezionalità costituzionale"
L’annuncio delle dimissioni e le sfide del Paese: la crisi economica e del lavoro, il ruolo dell’Italia in Europa, il confronto democratico, il “sottobosco marcio” della corruzione, la necessità dell’impegno di ciascuno. Ventidue minuti per comunicare agli italiani che ormai è la decisione è presa: “Sto per lasciare le mie funzioni rassegnando le dimissioni” scandisce a reti unificate, a sottolineare il messaggio diretto agli spettatori-cittadini. E’ una scelta personale, dice, lo prevede la Costituzione, non ce la faccio più, sembra dire. La forma è quella a cui ha abituato i concittadini, ma il concetto è chiaro: “A ciò mi spinge l’avere negli ultimi tempi toccato con mano come l’età da me raggiunta porti con sé crescenti limitazioni e difficoltà nell’esercizio dei compiti istituzionali, complessi e altamente impegnativi, nonché del ruolo di rappresentanza internazionale, affidati dai Padri Costituenti al capo dello Stato”.
E’ il nono discorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da quando fu eletto nel 2006 (qui il testo integrale), l’ultimo prima delle sue annunciate dimissioni che saranno formalizzate a metà gennaio, in concomitanza con la fine del semestre della guida italiana dell’Unione Europea. Napolitano parla già lontano dalla sua scrivania che resta sullo sfondo, qualche metro dietro. Il capo dello Stato è seduto al tavolino di lavoro del suo studio. Alle sue spalle, come quasi sempre è accaduto nei precedenti otto discorsi, campeggia l’arazzo di Lille e le tre bandiere: italiana, europea e del Quirinale. Un discorso “speciale e un po’ eccezionale”, spiega subito, tra i cui destinatari c’è anche “chi presto sarà al mio posto”.
Nove anni di servizio, autorevolezza, responsabilità. Un Presidente cui oggi possiamo solo dire #graziegiorgio #mettiamocelatutta
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 31 Dicembre 2014
Anzi, proprio l’elezione del suo successore sarà “una prova di maturità e responsabilità nell’interesse del Paese” che potrà “chiudere la parentesi di un’eccezionalità costituzionale”, cioè la sua rielezione al Colle del 20 aprile 2013, quando Pd, Scelta Civica e Pdl gli chiesero la disponibilità a restare al Quirinale. Ma ora basta. “Ho il dovere di non sottovalutare i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono, e dunque di non esitare a trarne le conseguenze. Ritengo di non poter oltre ricoprire la carica cui fui chiamato, per la prima volta nel maggio del 2006, dal Parlamento in seduta comune. Secondo l’opinione largamente prevalente tra gli studiosi, si tratta di una valutazione e di una decisione per loro natura personali, costituzionalmente rimesse al solo presidente, e tali da non condizionare in alcun modo governo e Parlamento nelle scelte che hanno dinanzi né subendone alcun condizionamento”.
Un passaggio del messaggio agli italiani è stato dedicato anche alla lotta alla corruzione contro la quale il Paese deve combattere unito. E’ una delle “patologie” del Paese. “A cominciare da quella della criminalità organizzata e dell’economia criminale; e da quella di una corruzione capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale, trovando sodali e complici in alto: gli inquirenti romani stanno appunto svelando una rete di rapporti tra ‘mondo di sotto’ e “mondo di sopra”. Sì, dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società. E bisogna farlo insieme, società civile, Stato, forze politiche senza eccezione alcuna. Solo riacquisendo intangibili valori morali la politica potrà riguadagnare e vedere riconosciuta la sua funzione decisiva.
Napolitano ha, subito dopo, per contrasto elencato gli esempi nobili di italiani che danno lustro al Paese (e su questo la voce del presidente si è rotta). In contrasto con “gli italiani indegni” ci sono dunque “figure esemplari”. Come Fabiola Gianotti, diventata direttore generale del Cern, l’astronauta Samantha Cristoforetti, Serena Petriucciuolo, ufficiale della guardia costiera che sulla nave Etna, la notte di Natale, ha aiutato una profuga nigeriana a partorire. E ancora Fabrizio (citato solo per nome verosimilmente per motivi di privacy), il medico di Emergency che si è ammalato di ebola durante il suo servizio in Sierra Leone. E infine un accenno ai soccorritori italiani che hanno portato in salvo centinaia di passeggeri del traghetto Norman Atlantic, nel mare Adriatico, tra la Puglia e l’Albania.
Lungo il passaggio sulla funzione dell’Unione Europea e degli sforzi, anche del presidente del Consiglio Matteo Renzi, di migliorare “da dentro” le politiche comunitarie. Con un messaggio indiretto a forze politiche euroscettiche, come Movimento Cinque Stelle e Lega Nord. “Sono pericolosi gli appelli al ritorno a monete nazionali” ha detto Napolitano.
Napolitano ha chiamato dunque a raccolta tutta quella che ha chiamato “comunità nazionale”. “Mettiamocela dunque tutta, con passione, combattività e spirito di sacrificio – ha affermato il capo dello Stato – Ciascuno faccia la sua parte al meglio. Io stesso ci proverò, nei limiti delle mie forze e dei miei nuovi doveri, una volta concluso il mio servizio alla presidenza della Repubblica, dopo essermi impegnato per contribuire al massimo di continuità e operosità costituzionale durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea. Resterò vicino al cimento e agli sforzi dell’Italia e degli italiani, con infinita gratitudine per quel che ho ricevuto in questi quasi nove anni non soltanto di riconoscimenti legati al mio ruolo, non soltanto di straordinarie occasioni di allargamento delle mie esperienze, anche internazionali, ma per quel che ho ricevuto soprattutto di espressioni di generosa fiducia e costante sostegno, di personale affetto, direi, da parte di tantissimi italiani che ho incontrato o comunque sentito vicini. Non lo dimenticherò”.
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