Una villa con terreno a Forte dei Marmi, 2650 metri quadrati per un valore di 341mila euro, fu confiscata al boss mafioso Gianni Matranga nel 1992. Dopo quasi 23 anni è ancora un rudere inutilizzato. L’Ente per l’edilizia provinciale di Lucca vorrebbe destinarla agli alloggi popolari, come aveva chiesto e ottenuto il Comune. Ora però la retromarcia da parte della stessa amministrazione. Perché una delle città più ricche della Versilia non ha i soldi per contribuire alla ristrutturazione. O meglio, li ha, ma sono bloccati dal Patto di stabilità, dice il sindaco Buratti.
La villa apparteneva a Matranga, detto Gianni, 68 anni, re della coca originario di Piana degli Albanesi (Palermo) ed esponente di Cosa Nostra a Milano, dove è stato catturato da latitante nel 2010. Quando passò nelle mani dello Stato era ancora incompiuta: niente infissi, pavimentazioni e rifiniture. Due settimane fa l’Erp provinciale ha dichiarato di volerci investire 400mila euro purché il Comune finalmente la sistemi. Ma il sindaco di Forte dei Marmi Umberto Buratti (Pd) ha fatto sapere che non se ne fa niente. “Quei soldi non bastano. Ne servono almeno altri 100mila. Il Comune ce li ha – spiega il primo cittadino a ilfattoquotidiano.it – ma non può usarli. Sono bloccati dal Patto di stabilità. Mi piacerebbe che il governo ci mettesse in condizione di spenderli”.
La villetta, confiscata nel 1992 e in modo definitivo nel 1994, è stata assegnata all’amministrazione versiliese il 27 agosto del 1998 per farne la sede di un’associazione sportiva locale. La destinazione fu cambiata il 30 settembre 2003 su richiesta dello stesso Comune: visto l’aumento degli indigenti, meglio farne alloggi popolari. Nel Comune sono una settantina le persone in lista di attesa per l’alloggio popolare, stando alle ultime graduatorie pubblicate, quelle del biennio 2010/2012. Tutte, assicura l’amministrazione, sistemate in abitazioni di proprietà del Comune.
Oggi la villa è ancora come l’ha lasciata il boss. Anzi, peggio. Dentro, il tunnel verticale aspetta ancora un ascensore, le scale si affacciano pericolosamente da un piano all’altro senza balaustre e dei giornaletti porno giacciono sul pavimento grezzo, sotto una finestra da cui si vede l’A12 Genova- Firenze scorrere ai piedi delle Alpi Apuane. La zona è decentrata ma è pur sempre a una manciata di minuti dalla storica Capannina e dalle boutique esclusive del centro. Il Comune si limita ogni tanto a tagliare l’erba e il canneto, mentre i vicini preferiscono non parlarne.
“E’ una zona dove non puoi fare qualcosa di brutto. Va tenuto quello stile. Se loro, i criminali, avevano la villa, noi, Stato, abbiamo il rudere. E’ un discorso che non mi sta bene e non deve stare bene a nessuno. I vicini preferiscono averci il mafioso vicino piuttosto che le case popolari?” si sfoga con ilfattoquotidiano.it Ilio Giorgi, responsabile affari generali di Erp Lucca. Ad oggi sono 362 i fortemarmini ospitati dall’edilizia popolare. E qualche alloggio in più potrebbe snellire le liste di attesa. “Credo che 400mila euro bastino per finirla. Non so perché il sindaco ha preso questa posizione. Lo so che siamo in una zona esclusiva ma l’emergenza abitativa riguarda tutti. Io vado avanti sulla mia linea fino in fondo. Se mi ostacolano si prenderanno le responsabilità. Non è corretto che le forze dell’ordine si impegnino così tanto e poi vedano i beni fermi così trasandati” aggiunge il presidente di Erp Lucca, Francesco Franceschini.
Eppure le autorità seguono da vicino la storia, come racconta a ilfattoquotidiano.it il Capo di Gabinetto della prefettura di Lucca, Sabatina Antonelli. “Nel 2014 ci sono stati due incontri in Regione per questa villa, alla presenza anche del prefetto Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati. C’è la massima attenzione e il sindaco di Forte dei Marmi è in costante contatto. Purtroppo la Legge di stabilità non gli consente di sbloccare i soldi per finirla” sostiene.
Dopo la confisca in Toscana arrivano i problemi
E pensare che la destinazione dovrebbe essere il lieto fine di una strada, quella della confisca, già di per sé lunga. Secondo i dati della Regione, tra il sequestro e la confisca definitiva, in media in Toscana ci vogliono 5,5 anni. Nel 2013, di 2596 beni confiscati definitivamente nel territorio nazionale, solo 162 sono stati destinati (fonte: confiscatibene.it). Molti fanno la fine della villa di Forte dei Marmi. Dei 36 immobili toscani consegnati ai Comuni (28) o allo Stato (8), solo 10 sono in uso. A Montecatini Alto, l’ex hotel Paradiso confiscato a Enrico Nicoletti, uomo di spicco della criminalità romana e in passato considerato vicino alla Banda della Magliana, oggi è un gigante edilizio troppo costoso da recuperare e abbandonato ai vandali. Sorte non migliore per le 12 aziende confiscate in Toscana: 6 non hanno trovato destinazione e 6 sono state chiuse o liquidate. Eppure nel 2012 la regione ha avuto il record di confische rispetto ai 4 anni precedenti: 57 immobili e 12 aziende (erano 40 e 10 nel 2009), rispettivamente il 2,68 per cento e il 2,69 di tutto il Centro Nord.
Forte dei Marmi amata dalla criminalità internazionale
Non lontano dalla proprietà confiscata a Matranga si trova la villa, oggi abitata, che ospitò nell’estate del 1993 il latitante numero uno, Matteo Messina Denaro, padrino di Castelvetrano. Nella città esclusiva, il ricercato trascorse una vacanza nello stesso periodo in cui anche i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano si trovavano in Versilia. Forte dei Marmi amata dai vip e dai mafiosi. Anche da quelli stranieri. In particolare i russi, le cui compravendite immobiliari da capogiro sono da tempo nel mirino della Direzione nazionale antimafia, che un anno fa a Mosca ha stipulato un accordo con la Procura generale russa. L’ultimo incontro tra i magistrati italiani e quelli moscoviti è avvenuto a novembre. Obiettivo: stanare il riciclaggio di capitali di provenienza illecita. A gennaio 2014, la Direzione Nazionale Antimafia scriveva nel suo rapporto annuale: “Come già segnalato in precedenti relazioni, soprattutto a Roma, in Sardegna e in Versilia si sono stanziati soggetti provenienti dai Paesi dell’ex Unione Sovietica che, pur in assenza di esplicite fonti di reddito, manifestano notevoli capacità finanziarie, hanno un lussuoso tenore di vita, acquisiscono – sovente in contanti – immobili di grande pregio e attività imprenditoriali. Le analisi investigative ipotizzano che tali soggetti abbiano il compito di riciclare, spesso attraverso complessi meccanismi finanziari e tramite una rete di società internazionali e di conti correnti aperti in vari paesi, capitali provenienti da delitti commessi nella Federazione Russa”.
ha collaborato Emilia Lacroce