Sbarcati anche i vigili del fuoco che hanno soccorso l'imbarcazione. E accusano: "Non finisce qui, siamo stati abbandonati. Qualcuno ha sbagliato e dovrà risponderne”
È arrivata chinata su un fianco, annerita e sputando ancora fumo. Adagiata stancamente sulla destra e spinta verso i pontoni, la Norman Atlantic appoggia il fianco sinistro alla banchina quando sono le 14.55, con oltre quattro ore di ritardo sull’ultima tabella di marcia che la dava in arrivo nel porto di Brindisi a metà mattinata del 2 gennaio. I rimorchiatori dei fratelli Barretta hanno dovuto lottare ancora contro la forza del mare per trascinarla nelle acque calme che abbracciano la città adriatica. L’ultima destinazione del traghetto è una spianata del porto medio tra gru e navi carboniere. La Norman è sfigurata dalle fiamme. All’interno, per quel che è visibile da lontano, è tutto carbonizzato. La scatola nera è però stata trovata dalla squadra di vigili del fuoco salita a bordo subito dopo l’ormeggio insieme al pm Ettore Cardinali e a un pool di investigatori.
Procuratore: “Non più di 15 dispersi”
Il primo importante tassello dell’inchiesta torna a posto. E sarà fondamentale per accertare le cause dell’incendio e la dinamica dei fatti che hanno finora provocato 11 morti accertati e un numero di dispersi che, secondo il governo greco, è di 18 persone ma che il procuratore capo di Bari Giuseppe Volpe ha circoscritto al massimo a quindici: “All’inizio gli imbarcati sembravano 499, compresi i 18 overbooking e i tre clandestini accertati – ha detto – Se si tolgono i 477 che sono stati salvati e gli 11 deceduti si arriva a un numero di dispersi che non supera le 10-15 unità a seconda dell’attendibilità che si attribuisce alla lista d’imbarco in nostro possesso”.
Incendio ancora attivo
Se i loro corpi sono custoditi nella pancia bollente del traghetto andato a fuoco nella notte di domenica 28 mentre copriva la tratta Patrasso-Ancona, lo si scoprirà appena terminerà il lavoro di spegnimento degli ultimi focolai che continuano a bruciare lentamente all’interno del relitto, come confermato dal comandante provinciale Michele Angiuli. Solo in quel momento si potrà entrare nel garage, il luogo dove probabilmente sono custoditi i corpi di altre vittime, nella speranza che il numero non cresca ulteriormente a causa di clandestini a bordo. Per supportare queste operazioni arriverà a Brindisi anche il Nucleo investigativo antincendio di Roma, che coadiuverà l’attività dei colleghi pugliesi con i sofisticati mezzi a sua disposizione.
“Altri indagati se emergono responsabilità”
È intanto salito a sei il numero degli indagati. Venerdì sono finiti sotto la lente degli investigatori anche il titolare della società di noleggio Anek e il supercargo dipendente della stessa compagnia, che ha la responsabilità dell’imbarco e della sistemazione dei mezzi sul ponte 4. Sotto inchiesta anche due membri dell’equipaggio, il primo ufficiale di bordo, che si occupa della messa in acqua delle scialuppe, e il responsabile della sicurezza. Sulla possibilità che uno di questi si sia allontanato durante l’abbandono nave, il procuratore ha detto che “sembrerebbe di sì”. Tutti, come il comandante Argilio Giacomazzi e l’armatore Carlo Visentini, devono rispondere in concorso colposo tra loro di naufragio, omicidio plurimo e lesioni. E Volpe non ha escluso nuove iscrizioni nel registro degli indagati “se dovessero emergere altre responsabilità”. Accertamenti sono in corso infatti sull’assistenza ai passeggeri – come ilfattoquotidiano.it aveva ricostruito negli scorsi giorni – “oltre alle eventuali responsabilità del comandante per la cattiva gestione dei soccorsi”, aggiunge il procuratore. Dai prossimi giorni entreranno in campo anche i periti chiamati a lavorare sul relitto per gli accertamenti irripetibili, mentre i vigili del fuoco continueranno la loro attività a bordo della Norman per metterla totalmente in sicurezza, visto che al momento è impossibile entrare nelle zone coperte, dove “potrebbero esserci altri corpi”, ha detto il pm Ettore Cardinali al termine del sopralluogo annunciando che anche domani tornerà sul relitto.
Soccoritori: “Aria lugubre a bordo”
Chi c’era già stato in fase di navigazione è Francesco Scarafile, tra i cinque marinai della ditta Barretta calato via elicottero per fermare il cavo da rimorchio. “C’è un’aria lugubre, è una nave morta”, ha detto appena arrivato a Brindisi. Con lui a bordo del Tenax il comandante Luigi Manesi: “Il momento più difficile è stato quando il comandante Giacomazzi ci ha detto di dare tutto perché le fiamme erano a quattro metri di distanza – spiega – Ma sono stati i giorni migliori della mia vita, abbiamo salvato centinaia di persone. Di notte guardavano i lampeggianti rossi accendersi e spegnersi sui giubbotti di salvataggio e pensavo che ogni luce sembrava una stella ma era una vita da riportare a casa”. Sono tornati a terra anche gli otto vigili del fuoco partiti domenica a bordo di Marietta Barretta e Asmara per supportare le attività antincendio. Stremati e stravolti dalla lunga permanenza in mare, per la quale colleghi e sindacato avevano a lungo protestato negli scorsi giorni, le due squadre di pompieri sono state accolte dall’applauso dei compagni del Comando provinciale di Brindisi e, caricati i figli su un pulmino, sono stati condotti presso un distaccamento per abbracciare i famigliari e poi in ospedale dove sono stati sottoposti ad accertamenti. “Non finisce qui, siamo stati abbandonati. Qualcuno ha sbagliato e dovrà risponderne”, riferisce una fonte interna a ilfattoquotidiano.it.
Arrivano class action e nuove testimonianze
Si muovono su altri fronti anche alcuni passeggeri. Sarebbero pronti numerosi esposti che potrebbero essere raccolti in una class action, come accaduto con la Costa Concordia. E intanto arrivano nuovi racconti agghiaccianti di quanto successo nei momenti più concitati del disastro. Tre sopravvissuti greco-albanesi riferiscono ai loro avvocati, oltre alla mancata assistenza dell’equipaggio, di aver “visto morire persone asfissiate” perché “quando la porta tagliafuoco si è chiusa, molti sono rimasti bloccati dietro di noi, non l’hanno superata” e “battevano con le mani perché riaprissimo lo sbarramento, ma non ce l’abbiamo fatta, due li abbiamo visti chiaramente dagli oblò cadere e morire soffocati”.
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