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Scandalo case popolari di Asti, il mistero degli assegni intestati a Poste italiane

Un'interrogazione del deputato M5S Paolo Romano chiede di far luce sui trasferimenti per un totale di 300mila euro fatti al gruppo pubblico da Pierino Santoro. L'ex direttore dell’Agenzia territoriale per la casa ha sottratto 8,5 milioni dalle casse dell’ente gonfiando le rate di condominio degli inquilini e facendone lievitare le morosità

Otto milioni e mezzo sottratti in dieci anni alle casse dell’Agenzia territoriale per la casa (Atc) di Asti. Ma Pierino Santoro, ha davvero fatto tutto da solo? A chiederselo è il deputato del Movimento 5 stelle Paolo Romano. Il parlamentare astigiano vuole soprattutto sapere dove sono andati a finire i soldi sottratti dall’ex manager pubblico. A partire da alcuni assegni intestati da Santoro a Poste Italiane e di cui più volte l’attuale gestione Atc ha chiesto conto invano al gruppo guidato da Francesco Caio. Si tratta di nove trasferimenti per un importo complessivo compreso fra i 220 e i 300mila euro. “A tutt’oggi non è dato sapere né a chi erano destinate tali somme, né le ragioni di tali movimenti di denaro”, si legge nel testo dell’interrogazione presentata da Romano ai ministeri di Giustizia ed Economia lo scorso 19 dicembre. “L’agenzia postale di Asti continua a non collaborare”, prosegue il documento. “Mi risulta, oltre che incomprensibile, gravissimo il fatto che tale comportamento venga assunto da una società a totale controllo pubblico”, aggiunge il deputato rincarando la dose. Secondo Romano, comunicazioni tempestive da parte di Poste “quando ancora era in itinere l’inchiesta” avrebbero potuto infatti “determinare un diverso esito del procedimento giudiziario contribuendo a un miglior inquadramento dei fatti illeciti compiuti dal Pierino Santoro”.

Intanto un mese e mezzo fa l’ex manager pubblico ha ottenuto la chiusura del procedimento a suo carico con un patteggiamento a 4 anni e due mesi di reclusione. Ha inoltre restituito allo Stato 800mila euro, più o meno l’equivalente dello stipendio netto percepito da Santoro in dieci anni da manager pubblico (160-180mila euro lordi l’anno). Tuttavia l’intera faccenda Atc non smette di fare scalpore ad Asti sia per la stratosferica cifra in ballo sia per il danno creato alle fasce più povere della popolazione. L’ex manager, infatti, lucrava gonfiando le rate di condominio degli assegnatari delle case popolari e faceva contemporaneamente lievitare le morosità degli inquilini mettendole in conto al Fondo sociale regionale del Piemonte. Senza che nessuno, per dieci anni, si sia accorto di nulla. Neanche i consiglieri di amministrazione o i sindaci incaricati del controllo in Atc. “Certo che se solo (il collegio, ndr) avesse controllato i conti e gli estratti sarebbe balzato ai loro occhi l’uso che facevo della carta di credito”, sosteneva Santoro nel verbale dell’interrogatorio reso al pm Giorgio Vitari lo scorso 23 aprile.

In effetti a far scattare le indagini sulla sua gestione non sono stati i sindaci, ma l’esposto di un inquilino. A gennaio 2014 Mohammad Gharizadeh Taghi ha denunciato alla Guardia di Finanza presunte irregolarità. Dall’esposto, seguìto solo ad aprile dalla denuncia del collegio sindacale di Atc, sono scattate le indagini che hanno fatto emergere un anomalo giro di somme in contanti. “Gli incassi delle morosità e dei canoni di locazione sono avvenuti prevalentemente in contanti e in alcune occasioni a mezzo assegni bancari”, spiega la dipendente Atc addetta alla contabilità, Roberta Correggia, nei verbali di sommarie informazioni redatti dal Nucleo di polizia tributaria di Asti il 18 marzo 2014. “Ogni 2/3 giorni consegnavo la busta contenente i soldi in contanti al dottor Santoro”, prosegue l’impiegata. Eppure sugli spostamenti di denaro dell’Atc c’era la garanzia del controllo di diversi soggetti.

A chiamarli in causa, però, è solo l’ex direttore generale che nell’interrogatorio del 23 aprile ha dichiarato agli inquirenti che l’ex presidente Ubaldo Sabbioni sottoscriveva i mandati “a doppia firma (…) in bianco”. Accuse più o meno velate anche per il consiglio di amministrazione, che per Santoro era addirittura più “interessato” al sistema degli appalti e il presidente, Claudio Campia, invitava a partecipare “… alcune imprese sia perché a lui note per motivi amicali sia perché a lui vicine politicamente”.  Parole pesanti che secondo Romano “evidenziano senza ombra di dubbio l’humus politico clientelare che ha permesso a Pierino Santoro di agire indisturbato per più di dieci anni appropriandosi di ingenti quantità di risorse pubbliche a danno dell’Agenzia senza che nessuno intervenisse”, come si legge in una prima interrogazione ai ministri di Giustizia, Economia e dei Trasporti, presentata l’11 novembre scorso. Uno scenario complesso, insomma, i cui contorni sono ancora tutti da definire. Per ora, oltre al patteggiamento, resta un’unica certezza: i soldi sono spariti.