Nel 2015 il Tesoro dovrà rifinanziare oltre 317 miliardi di euro di debito pubblico. A calcolarlo è il Centro studi di Unimpresa, secondo il quale entro fine anno andranno in scadenza 119,4 miliardi di Buoni ordinari del Tesoro (Bot), 140,2 miliardi di Buoni poliennali (Btp), 25,7 miliardi di Cct e 31,4 miliardi di Ctz. L’analisi, basata su dati della Banca d’Italia e del ministero dell’Economia e delle Finanze, anticipa che “nel quinquennio 2015-2019 va rifinanziato debito pubblico per un ammontare complessivo di 964,2 miliardi”. Nell’arco del 2015 le scadenze delle obbligazioni emesse dal Tesoro “sono suddivise in maniera abbastanza omogenea: nel primo trimestre di quest’anno vanno rifinanziati titoli di Stato per 81,5 miliardi, nel secondo trimestre 84,5 miliardi, nel terzo trimestre 74,1 miliardi e nel quarto trimestre 76,8 miliardi”.
In questo momento sul mercato ci sono titoli per un ammontare di 1.726,9 miliardi: 119,4 miliardi di Bot, 1.434,6 miliardi di Btp, 120,1 miliardi di Cct e 52,7 miliardi di Ctz. Il centro studi ha calcolato che nel 2016 lo Stato dovrà trovare compratori per 138,3 miliardi di Btp, 14,4 miliardi di Cct e 21,2 miliardi di Ctz, mentre nel 2017 scadranno e dovranno essere “coperti” 164,5 miliardi di Btp e 31,4 miliardi di Cct e nel 2018 in agenda ci sono scadenze di Btp per 107,1 miliardi e di Cct per 28,1 miliardi. Infine, nel 2019 sono previsti rifinanziamenti di Btp per 129,3 miliardi e di Cct per 12,6 miliardi. “Successivamente, fra il 2020 e il 2044 – si legge nel rapporto – arrivano a fine corsa altri 762,7 miliardi di titoli di Stato: 754,9 miliardi di Btp e 7,7 miliardi di Cct”.
Nel corso del 2014, quando il debito pubblico della Penisola è arrivato a toccare quota 2.168 miliardi di euro, via XX Settembre ha approfittato dei bassi tassi di interesse per mettere “fieno in cascina” emettendo titoli in misura anche superiore a quanto necessario a coprire il fabbisogno. A consuntivo, il costo medio del debito risulta pari all’1,35%, il livello più basso mai registrato dal ministero guidato da Pier Carlo Padoan. In dicembre il tasso di interesse pagato dai Bot a tre mesi è addirittura sceso sottozero, come dire che il risparmiatore che li ha comprati ha accettato di pagare per tenerli in portafoglio. Il differenziale (spread) tra i Buoni del Tesoro e i Bund tedeschi si attesta invece ormai intorno ai 130 punti base. “È un risultato positivo che va cavalcato e ulteriormente migliorato. L’ideale – sostiene Unimpresa nella propria nota – sarebbe avvicinarsi ai 100 punti in modo tale da allontanare il più possibile la speculazione finanziaria sui titoli pubblici italiani e da accumulare addirittura un consistente ‘tesoretto‘ da spendere per la crescita economica”.
A spingere in basso i rendimenti è stata, nell’ultimo scorcio dell’anno, anche l’attesa per un intervento della Banca centrale europea, che sembra vicina a lanciare un piano d’acquisto di titoli di Stato per contrastare le deflazione e rilanciare la crescita.