Cultura

Montréal: vizio, crimine e moralità nella piccola Parigi d’oltreoceano

La fedina penale della bellissima e francofona città quebechiana non è immacolata quanto si poteva pensare: tra il 1940 e il 1960, al calare delle tenebre emergevano i più “facili” costumi di una capitale dello spettacolo e del divertimento decisamente osé. A questo periodo è dedicata una mostra (fino a ottobre 2015): una stanza per ogni ambiente, situazione, pericolo, immoralità

di Virginia Ricci

Siamo abituati a pensarla come una città del viver bene, gravitante intorno all’orbita dei “Best Place to Live” su scala mondiale. Tant’è che per Traveller.com, Montréal occupa il terzo posto fra le migliori destinazioni di viaggio per il suo lato multiculturale e intellettuale, ricca di arte e divertimenti, ecologica e tecnologica quanto basta. Sembrerebbe per questo ancor più divertente pensare come proprio il Centre d’Histoire de Montréal abbia scelto di inaugurare la mostra “Scandalo! Vizio, crimine e moralità a Montréal fra il 1940 e il 1960” (fino a ottobre 2015).

Esatto signori, la fedina penale della bellissima e francofona città quebechiana non è infatti immacolata quanto si poteva pensare. Lo aveva forse immaginato chi, negli ultimi anni, si era già imbattuto nelle storie del clan Rizzuto, potente famiglia del crimine organizzato italiano stabilitasi proprio in terra canadese. Con aneddoti fra i quali il territorio emergeva nella sua “dark side” di mercato ricco per racket di ogni tipo: traffici di droga e inganni nel mondo dell’appalto pubblico e dell’edilizia, consacrando una vera e propria dinastia di mafia italo-canadese.

Dopo un netto rifiuto nei confronti del proibizionismo imposto sugli Stati Uniti, Montréal divenne così una vera e propria “ville des plaisirs”, dall’esuberante vita notturna, dove i turisti dell’America del Nord potevano concedersi qualche sollazzo (e darsi alla bottiglia)

Risulta così ancora più interessante fare un piccolo salto indietro nel tempo, seguendo le stanze di quella che si dimostra essere una mostra ad alto tasso di (ironica) spettacolarizzazione. Perché a metà del ventesimo secolo, Montréal era proprio come oggi una città portuale, centro di transito e di commercio, dalla forte immigrazione. Vestita di un religioso contegno per la sua diurna apparenza, con il calare delle tenebre emergevano però i più “facili” costumi di una capitale dello spettacolo e del divertimento decisamente osé. Dopo un netto rifiuto nei confronti del proibizionismo imposto sugli Stati Uniti, Montréal divenne così una vera e propria “ville des plaisirs”, dall’esuberante vita notturna, dove i turisti dell’America del Nord potevano concedersi qualche sollazzo (e darsi alla bottiglia) in piena tranquillità, nei suoi numerosi speakeasy e bar aperti ininterrottamente.

Fu così facile divenire una sosta obbligata per le starlette dei varietà americani, i grandi nomi della musica jazz ma anche del burlesque: una realtà frizzante in superficie, sotto la quale iniziava però a scorrere una sotterranea corrente di criminalità e trasgressione. La “piccola Parigi d’America” era infatti una delle ultime città ad aver ancora bordelli pienamente funzionanti e case da gioco aperte in pieno centro, per arricchire un’economia che in breve tempo scoprì il traffico dell’eroina. Fu nel 1946, dopo l’omicidio di un capo della malavita, che delegazioni di cittadini in lotta contro il vizio commercializzato divennero sempre più forti, aiutate da avvocati e pubblici ufficiali, nonché da una stampa sempre più agguerrita.

Un percorso inseguendo Al Palmer, giornalista e uomo di mondo che visse la città fino in fondo nelle sue notti, descrivendola nelle cronache di “Man about town” o “Cabaret Circuit

Nel percorso dell’esposizione, una stanza è così dedicata a ogni ambiente, situazione, pericolo o vero e proprio scandalo. Per rivivere le atmosfere dei rutilanti nightclub, fra cabaret e primi locali omosessuali. Ma anche un percorso inseguendo Al Palmer, giornalista e uomo di mondo che visse la città fino in fondo nelle sue notti, descrivendola nelle cronache di “Man about town” o “Cabaret Circuit”; la sua più celebre opera apparsa nel 1950, “Montreal Confidential”, si confermò come una sorta di guida turistica che accompagnava i neofiti nella scoperta della vita notturna della città. «Quest’epoca ha stupefatto l’immaginario di molti cittadini, ma è anche sconosciuta alle giovani generazioni», spiegano Catherine Charlebois e Maryse Bédard, curatrici della mostra. Un esempio ben costruito di come un sorriso possa ben accompagnare la comprenzione di ciò che di più corrotto ha saputo offrire un’illuminata, contemporanea società.

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