“La situazione non è molto mutata: ancora oggi la collezione Judica è conservata in alcune vetrine, non più nel salotto del cavalier Gaetano, ma nei depositi del Museo di Lentini, in attesa dell’ormai utopistica apertura del Museo di akrai, museo palazzo-cappellaniPalazzo Cappellani”, hanno scritto recentemente Beatrice Basile e Anita Crispino ricostruendo il soggiorno di Paolo Orsi nel 1918 a Palazzolo Acreide. La sua ricognizione nelle archeologie del piccolo centro del siracusano. Invece, quasi in maniera insperata, dalla fine dello scorso dicembre, quel museo esiste.

Vasi, anfore, sculture e ceramiche, oltre duemila reperti scoperti dal barone Judica nell’Ottocento sul sito di Akrai, una delle colonie siracusane fondate dai greci nel VII secolo a. C., sui santoni e nella necropoli della Pinitai, tornati a casa dopo essere stati acquistati dalla Regione. Ora, finalmente allestiti a Palazzo Cappellani, lungo via Italia. “E’ un successo del territorio perché la collezione non racconta solo la storia di Palazzolo ma anche di altri akrai teatrositi come Kasmene e Castelluccio e parla a tutti noi e alle generazioni successive della storia del nostro territorio”, ha dichiarato trionfante il sindaco di Palazzolo, Carlo Scibetta.

“Il protocollo d’intesa siglato qui nei mesi scorsi è un modello da portare avanti”, ha sottolineato Gaetano Pennino, coordinatore della segreteria tecnica dell’assessorato regionale. Su questo punto pochi dubbi. La struttura museale sarà aperta tutti i giorni e, per un primo periodo, l’ingresso sarà gratuito. Insomma grandi aspettative per uno spazio museale che si presenta come il naturale pendant dell’area archeologica al Colle dell’Acromonte. Con un teatro, un bouloterion e un tempio, oltre a un asse stradale est-ovest, attraversato da viabilità ortogonali, che collegava le due porte principali. Non solo. Anche molto altro sparso qua e là, a dire il vero, in condizioni di conservazione non proprio ottimali.

Il tutto visitabile tutti i giorni, dalle 9 alle 17, con un biglietto di 4 euro. Sembrerebbe esserci davvero tutto per decidere di raggiungere il piccolo comune siciliano ed immergersi akary-ancient-road-for-selinunte-sicilynell’archeologia del centro greco-romano. Ma fatto il museo rimangono i problemi di sempre. Quelli che contribuiscono anche altrove nell’isola a frenare il grande turismo. Le difficoltà nel raggiungere il sito, causate da infrastrutture inadeguate. Linee ferroviarie più che avventurose, strade come la SS 124 siracusana, inadatte a sostenere un traffico veicolare “veloce”.

Ma anche una operazione di pubblicizzazione poco efficace. Limitata e limitante. Così il rischio concreto che il nuovo Museo si trasformi in un luogo di cultura per pochi intimi, come accade già a quello archeologico di Marianapoli e a quello Ibleo di Ragusa, al civico di Polizzi Generosa e al Castello a mare di Palermo. Prima che sia troppo tardi bisognerebbe pensare a soluzioni differenti. Riflettere su quanto la promessa gratuità del museo, tanto più se in presenza di aperture prolungate, seppur affascinante, sia destinata a scontrarsi con larealtà, con le sempre più esigue risorse finanziarie disponibili. Pensare a come museo e area archeologica dovrebbero divenire anelli, connessi, di un’unica catena alla akrai veduta generalequale appartengono indissolubilmente tutti gli altri siti, almeno della provincia.

Ma perché ciò si realizzi servirebbero politiche complessive, con le quali ferrovie e strade, autostrade e porti non siano solo l’occasione per fare appalti milionari. Con le quali musei e aree archeologiche non siano soltanto luoghi da aprire al pubblico dopo inaugurazioni immortalate dai fotografi e riportate dai media. Tra teatri ed anfiteatri affittati per eventi di ogni tipo, nei quali sono assiepati migliaia di persone vocianti e spazi culturali, meta desolata di pochi curiosi, è davvero difficile scegliere. Il rischio è di sbagliare comunque.

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