(Breve avvertenza. Questa cronachetta kafkiana è stata scritta quando tutto si era ormai concluso. Solo per questioni di lunghezza è stata divisa in puntate. Quindi, non è che io non segua i consgli dei preparatissimi lettori, infinitamente più preparati di me, è che la mia peripezia in realtà aveva già avuto fine. Come? Ancora un po’ di pazienza)
Non attacco nemmeno il telefono, compongo immediatamente il numero del Centro Samsung di Genova, nella speranza che, a differenza di quello di Milano, non mi risponda un nastro registrato ma un essere umano. Mi accontenteri di un centalinista stressato, anche se sogno un commesso preparatissimo. E commesso è. Al terzo squillo echeggia una voce dal marcato accento genovese. Purtroppo però questo primo tecnico non riesce ad afferrare il mio problema, deve passarmi un suo collega, l’esperto in prodotti informatici, che però al momento è impegnato. Posso richiamare tra dieci minuti? Ma certo. Al secondo tentativo il tecnico specializzato in computer si è liberato e mi ascolta in silenzio. Poi, senza sbilancirasi, da buon genovese, mi chiede il modello del computer. Glielo do, ma non basta. Adesso devo dargli il numero seriale del caricatore. Afferro il caricatore, cerco spasmodicamente il numero seriale, di cui fino a oggi non conoscevo l’esistenza. Dopo un paio di tentativi cannati individuo “la stringa numerica” proprio sotto il codice a barre, e mi metto a compitarlo lentamente, lettera per lettera.
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Seguono altri attimi di interminabile silenzio. Suspense. E’ caduta la comunicazione? No, il tecnico c’è ancora, ed emette il suo verdetto. Ok, il caricatore si può ordinare, a occhio e croce in tre giorni dovrebbe arrivargli. Un momento però, tre giorni dal momento dell’ordine, che non si può fare per telefono. Prima bisogna presentarsi di persona e pagare in anticipo. Quello che conta è il pagamento. In alternativa, si può fare un bonifico? Si può. E questa volta è il commesso a dettare a me le coordinate bancarie del centro. Appena arriva la conferma dell’accredito, è anche disposto a telefonarmi per confermarmi a sua volta la partenza dell’ordine. Ringrazio, ma faccio anche due calcoli. Tra bonifico, ordine, consegna e ritiro del pezzo, passeranno come minimo cinque giorni lavorativi. Poi arrivano le vacanze. Non ci sto dentro, prima che arrivi lo tsunami natalizio, con annesse chiusure. Quindi anche il piano B -fermarsi a Genova sulla strada per Imperia- va in fumo.
A pranzo mangio un panino con il mio amico Enzo; gli racconto la disavventura che mi tiene in ballo dalle prime ore del mattino e il profilarsi dello spauracchio dell’unico centro Samsung di Milano. Domani mi sveglio presto, vado subito lì, e speriamo in bene. Intanto, per il momento il computer è kaputt. Enzo mi ascolta, interessato e impressionato. Poi mi dice: “Hai provato coi cinesi?” “Coi cinesi?” “Certo, i cinesi”. Sembra che i cinesi siano in grado di riparare qualsiasi cosa nei loro negozietti semipirateschi. A lui si era rotto il telefonino, il suo rivenditore gli aveva consigliato di comprarne uno nuovo e invece due gentilissimi cinesini che gestiscono un bugigattolo dalle sue parti gliel’hanno riparato in giornata.
E’ vero: i cinesi riparano qualsiasi cosa come per magia, e pure a prezzi stracciati, come ho fatto a non pensarci prima? Forse Kafka non aveva calcolato la Cina. Di quei negozietti, è piena la città, ce ne sono un paio anche qui vicino. Bevo il caffè e mi precipito.
Continua
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