Nel 2015 la birra sarà più amara. No, non è un’anticipazione riguardante il gusto e la lavorazione di una delle bevande alcooliche più amate e diffuse nel nostro paese, ma la conseguenza ineluttabile del nuovo aumento delle accise, scattato il 1° gennaio. Con questo, il terzo degli ultimi 15 mesi, gli aumenti toccano l’asticella del +30% rispetto all’autunno del 2012, un’enormità.
Sostanzialmente 45 centesimi ogni Euro di birra andranno nelle casse dello Stato, mettendo in difficoltà un settore che vale oltre 3.2 miliardi e dà lavoro a più di 135mila persone indotto compreso, dall’agricoltura al commercio. I produttori (in Italia le imprese sono più di 200mila) non ci stanno, anche perché nell’estate 2014 hanno visto i consumi calare del 26%, numeri impensabili per un comparto di per sé stabile e piuttosto florido. A nulla, però, son servite le proteste, accompagnate anche da nove emendamenti, firmati da un centinaio di senatori.
Per Assobirra le accise non solo sono ingiustificate, ma finiranno per avere un effetto recessivo, innescando un ulteriore calo dei consumi con conseguenti introiti per lo Stato di parecchio inferiori alle stime (si parlava di 177 milioni di Euro). Al contrario, sostiene l’associazione di categoria degli industriali della birra e del malto, uno studio di mostra che con accise ai livelli di Spagna e Germania (inferiori dalle tre alle quattro volte rispetto alle nostra) il settore potrebbe crescere ancora, fornendo addirittura settemila posti di lavoro in più nell’arco del 2015.
Il comparto della birra è, in Italia, assolutamente strategico – ha spiegato alla stampa Alberto Frausin, presidente di Assobirra – e come tale andrebbe trattato: “In sei anni le esportazioni di birra sono triplicate e potrebbero ancora raddoppiare, il potenziale è enorme grazie ai marchi del Made in Italy. Potremmo dare al Paese il contributo che il governo chiede, invece, rischiamo di non poterlo fare”.
La paura è anche che, con una tassazione così spinta, anche i soggetti internazionali possano “scappare” dal nostro Paese, decidendo di ritirare gli investimenti fatti negli ultimi anni. “Gli investitori esteri – ha aggiunto Frasusin – si convincono solo con grandi cose straordinarie. Gli italiani sono tra i più apprezzati, peccato che in casa nostra non riusciamo mai a dare il meglio”.