I cittadini pagano per i nuovi libretti di impianto ma la regione non archivia i dati. L’obbligo del nuovo libretto per gli impianti termici è scattato il 15 ottobre scorso e i proprietari per mettersi in regola hanno dovuto pagare dai 20 ai 40 euro per far riempire le 37 pagine che compongono la nuova carta di identità che accompagna le caldaie e i sistemi di climatizzazione estiva. Contemporaneamente però le regioni, salvo rarissime eccezioni, non hanno istituito il catasto degli impianti termici previsto dal Dpr 74/2013 (articolo 10, comma 4, lettera a), una sorta di Pra delle caldaie e dei condizionatori attraverso il quale l’ente locale potrà conoscere lo stato degli impianti e indirizzare in modo mirato le ispezioni per verificare il rispetto degli obblighi in fatto di manutenzione ed efficienza energetica. Ma senza il catasto regionale i dati censiti nei nuovi libretti non potranno essere archiviati e le attività di ispezione continueranno a essere generalizzate.
Pieraldo Isolani è il responsabile del settore Energia dell’Unione nazionale consumatori: “Noi non siamo contrari all’istituzione del catasto degli impianti anzi ne chiediamo una rapida attivazione, convinti che questi archivi potranno favorire la sicurezza e orientare in modo mirato i controlli. Tuttavia fino a quando le regioni continueranno a non rispettare la legge e quindi a non istituire il catasto degli impianti, i dati contenuti nei nuovi libretti non potranno essere registrati. Pertanto chiediamo di rinviare l’obbligo del nuovo libretto fino a quando verranno realizzati e attivati i catasti regionali”.
Al momento poche regioni si sono messe in regola. Lo ha fatto per prima la Lombardia (www.curit.it); in Veneto dal 2 gennaio è attivo il sistema telematico Circe (Catasto impianti e rapporti di controllo di efficienza energetica) mentre in Piemonte è in funzione il Cit (Catasto impianti termici) dall’ottobre scorso. Altre regioni, come l’Emilia-Romagna, hanno avviato l’iter per l’istituzione del catasto, in altri territori invece è buio pesto. La Regione Sicilia ha addirittura rinviato l’archiviazione dei dati per gli impianti: con un atto del 27 novembre scorso ha prorogato di 120 giorni “il termine per la registrazione al catasto regionale degli impianti termici già esistenti”.
Eppure l’istituzione del catasto regionale potrebbe far compiere un salto di qualità sul fronte della sicurezza domestica in un paese dove si contano oltre 20 milioni di caldaie gran parte delle quali con un’elevata anzianità di servizio. Con le nuove norme ogni impianto dovrà essere “targato” ovvero verrà identificato da un codice univoco di riconoscimento allegato al libretto e, periodicamente, ogni qual volta gli impianti vengono sottoposti a manutenzione e alle verifiche sull’efficienza energetica, le ditte abilitate ai controlli trasmetteranno telematicamente al catasto regionale i nuovi dati in modo tale che l’ente locale potrà avere avere una mappatura puntuale e aggiornata dello stato degli impianti termici della regione. Ma allo stato attuale, nella stragrande maggioranza delle realtà territoriali, i nuovi adempimenti restano solo sulla carta.
Ma senza il registro regionale degli impianti che fine fanno i dati delle nostre caldaie? “Di sicuro non potranno essere inviati telematicamente all’ente di competenza come prevede il Dpr 74/2013 – ci spiega un tecnico che opera nel Lazio – così come non sappiamo se è corretto continuare a inviare i nuovi rapporti ai ‘vecchi’ registri comunali o provinciali laddove esistono”. Un vero rebus nel quale gli unici a dover rispettare i nuovi obblighi sono i cittadini che, per i nuovi libretti di impianto, hanno dovuto provvedere da subito a mettere mano al portafogli, sborsando dai 20 ai 40 euro per la compilazione delle famose 37 pagine. “Senza il catasto regionale – conclude Isolani dell’Unc – il nuovo libretto rischia di essere solo l’ennesimo balzello fatto gravare sui consumatori”.
di Francesco Contini