Lunedì 5 gennaio il processo di rientro dal Lussemburgo delle holding di famiglia dei fratelli Prada e di Maurizio Bertelli si è concluso e dalla società è arrivata la comunicazione che tutte le aziende hanno ora sede in Italia, quasi tutte a Milano. “Si completa, così, il riordino della catena di controllo che gli stessi vertici del marchio italiano avevano annunciato nei mesi scorsi. Questo processo è iniziato dopo la fusione di Prada Holding Bv, controllante della società quotata a Hong Kong, in Gipafin Sarl con la nuova holding, anch’essa trasferita da tempo dal Lussemburgo all’Italia”.

All’inizio fu quella che ora si chiamerebbe voluntary disclosure. Dopo la condanna in primo grado per gli stilisti Dolce&Gabbana poi confermata in appello, ma infine annullata con la Cassazione, si era aperto un intero filone di indagini su quelle che gli investigatori della Guardia di Finanza chiamano esterovestizioni. E anche la casa di moda Prada era finita nel mirino della procura di Milano. Poi proprio un anno fa l’Agenzia delle Entrate ha informato che il gruppo Prada aveva “pagato tutte le
imposte dovute in base ad un atto volontario” e che non c’erano “in corso ulteriori verifiche” anche se le norme prevedevano l’obbligo di comunicazione all’autorià giudiziaria.

I pm milanesi Gaetano Ruta e Adriano Scudieri lo scorso settembre hanno chiesto la proroga indagini per “omessa e infedele dichiarazione dei redditi”. L’inchiesta riguarda appunto la presunta “esterovestizione” di Prada Holding, società con sede legale ad Amsterdam. Secondo gli inquirenti, la somma nascosta al fisco si aggirerebbe intorno ai 470 milioni di euro. Un “risparmio” ottenuto grazie anche al trasferimento in Olanda e in Lussemburgo delle principali sedi per sfruttare una fiscalità favorevole, pur continuando a mantenere in Italia il cuore operativo.

 

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