Scontro in Aula tra Cinque Stelle e democratici sulla norma in materia fiscale che potrebbe favorire l'ex premier. Di Battista: "E' Verdini che l'ha fatta inserire". Replica di Verini: "Solo propaganda: ammettere gli errori è segno di forza"
Da una parte Palazzo Chigi paragonato a “uno di quei rioni in mano alla camorra“. Dall’altra l’accusa di “malafede e propaganda” perché “ammettere gli errori è segno di forza”. E’ la sintesi dello scontro tra Movimento Cinque Stelle e Pd, in Aula alla Camera, sulla vicenda del codicillo salva-Berlusconi all’interno del decreto Milleproroghe approvato dal cdm il giorno della vigilia di Natale. L’occasione è stata la seduta convocata a Montecitorio per l’annuncio della presentazione del decreto. Ad attaccare è stato Alessandro Di Battista, peraltro membro del direttorio del M5s, secondo il quale “ultimamente palazzo Chigi, sembra, ripeto, sembra, come uno di quei rioni in mano alla camorra, dove nessuno sa nulla all’inizio e poi alla fine qualcuno parla per proteggere qualcun altro“. Espressione per la quale il presidente di turno Luigi Di Maio, anch’egli Cinque Stelle, ha richiamato il collega all’ordine. “Ci sono esponenti di Forza Italia e Nuovo centrodestra – ha insistito Di Battista – che ci vengono a raccontare cose anche perché noi del Movimento 5 stelle possiamo denunciarle e loro non possono farlo. E’ Verdini che ha fatto inserire questa norma ‘salva-Berlusconi’, in Forza Italia e Nuovo Centrodestra molti lo odiano Verdini, alcuni perché gli ha scippato il partito, altri perché anche per loro è indecoroso che un pluri-rinviato a giudizio modifichi la Costituzione”.
A Di Battista risponde Walter Verini: “In questo Paese non siamo abituati ad assumerci le responsabilità”, ha replicato, mentre con la decisione di bloccare la trasmissione del decreto delegato al Parlamento il presidente del Consiglio ha dato “una prova autentica di serietà e di leadership, ma anche la prova provata che il decreto è stato fatto per combattere l’evasione e non per fare favori a qualcuno. Credo che ci sia strumentalità e malafede se si insiste su questo punto”. “Ammettere a volte di aver fatto errori è segno di forza – ha concluso l’esponente del Pd – e il presidente del Consiglio dà una prova di forza. Auspicherei che Cinquestelle, nel buttare fuori persone che hanno compiuto un solo reato, pensarla diversamente dal capo, dicesse abbiamo sbagliato, ci fermiamo: sarebbe un segno di forza, ma non credo che questa forza noi potremo vederla”.