La storia politica italiana è piena di leggi sbocciate magicamente, nate sotto i cavoli, generate per partenogenesi, senza padre né madre. Decreti del governo a sua insaputa. L’ultima, lo sappiamo, è la norma che azzera il reato di frode fiscale sotto la soglia del 3 per cento sull’imponibile. “Non sono stato io”, “non so”, “non mi risulta”: queste le coraggiose rivendicazioni di responsabilità degli uomini del governo Renzi. Già sentite tante altre volte in passato.
È il marzo 1993 quando Giovanni Conso, ministro della Giustizia del governo di Giuliano Amato, vara un decreto legge che depenalizza il finanziamento illecito ai partiti e salva molti indagati di Tangentopoli. Scatta la protesta contro il “colpo di spugna” da parte di quello che viene chiamato “il popolo dei fax”. Un ministro, Carlo Ripa di Meana, si dimette dal governo. Conso, spaesato, annuncia ad Amato che si dimetterà se il decreto – il suo decreto – non decade. Amato spiega che lo ha voluto nientemeno che il procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli. Il capo del pool Mani pulite firma un comunicato in cui dice: “Abbiamo appreso che la cosiddetta ‘soluzione politica’ sarebbe stata giustificata sulla base delle nostre dichiarazioni. Come magistrati abbiamo il dovere inderogabile di applicare le leggi dello Stato quali che esse siano. Non consentiamo però a nessuno di presentare come da noi richieste, volute o approvate, le iniziative in questione. Governo e Parlamento sono sovrani, ci auguriamo che ciascuno si assuma davanti al popolo italiano le responsabilità politiche delle proprie scelte”. Alla fine, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro non firma il decreto, che viene ritirato.
Un anno dopo, il 13 luglio 1994, il primo governo Berlusconi, alla ricerca di un modo per fermare Mani pulite, vara il “decreto Biondi”: abolito l’arresto per corrotti e corruttori. Quel pomeriggio l’attenzione del Paese è tutta per Italia-Bulgaria, semifinale dei mondiali di calcio che deve decidere chi affronterà in finale il Brasile. Al Consiglio dei ministri, il titolare della Giustizia Alfredo Biondi distribuisce una cartellina con il testo e le spiegazioni. Interviene Berlusconi: “O il decreto passa all’unanimità, o lo ritiro e passiamo al disegno di legge”. Roberto Maroni, leghista, ministro dell’Interno e avvocato, chiede: “Ma usciranno di galera De Lorenzo e soci, oppure no?”. Gli rispondono: “No, fidati”. Il decreto passa all’unanimità. Il giorno dopo, i tangentisti escono, il pool Mani pulite si dimette, il Paese insorge. Berlusconi si spaventa e dà la colpa a Biondi, Maroni si dissocia e dice che non gli avevano spiegato le conseguenze. Il 19 luglio il decreto viene bocciato in Parlamento.
E la legge Cirielli? Il deputato di An Edmondo Cirielli nel 2005 presenta un progetto che ridefinisce i tempi di prescrizione. Nel percorso parlamentare, diventa la legge “salva-Previti”, che taglia i tempi di prescrizione, azzera molti processi in corso e rende (ancora oggi) di fatto impuniti molti reati. “Chiamatela ex Cirielli”, protesta allora il suo promotore, che la sconfessa e in aula vota contro.
Nel 2006, durante il secondo governo Prodi, è il senatore Pietro Fuda a disconoscere un suo emendamento che rende praticamente impunibili i reati contabili. Inserito nella legge finanziaria, diventa il “comma Fuda”. Dopo le proteste del procuratore generale della Corte dei conti e le critiche della stampa, Fuda fa marcia indietro: “Il comma della discordia è stato estrapolato, con modalità alle quali sono del tutto estraneo, dal testo di un emendamento differente. Il testo originale era ben diverso”.
Più recente il caso del taglio agli stipendi degli insegnanti. Il governo di Enrico Letta decide di bloccare gli scatti d’anzianità degli insegnanti, che però per tutto il 2013 continuano a riceverli in busta paga. Risultato: a partire dal gennaio 2014 avrebbero dovuto restituire circa 150 euro al mese. Proteste. Polemiche . Alla fine Letta rinuncia alla restituzione. Chi ha provocato questo pasticcio? Rimpallo delle responsabilità tra il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. “Contorta vicenda”, twitta Letta. Saccomanni: “Gli insegnanti possono stare tranquilli, lo stipendio non sarà decurtato”, è tutta colpa del ministero dell’Istruzione. Il ministro Carrozza: “Cercheremo di capire. Si farà un’analisi di chi ha sbagliato e vedremo”. In quell’occasione Renzi, allora segretario del Pd, interviene duramente: “Non stiamo su Scherzi a parte. Il governo rimedi a questa figuraccia, subito”. Ora tocca a lui.
da Il Fatto Quotidiano del 6 gennaio 2015
Politica
Conso, Biondi e Cirielli: tutte le leggi su cui nessuno ha voluto mettere la faccia
L’ultima è la norma che azzera il reato di frode fiscale sotto la soglia del 3 per cento sull’imponibile, ma la storia politica italiana è piena di provvedimenti "orfani". Dal decreto varato dal governo Amato nel '93 che depenalizzava il finanziamento illecito ai partiti e salva molti indagati di Tangentopoli, al più recente caso del taglio agli stipendi degli insegnanti del governo Letta
La storia politica italiana è piena di leggi sbocciate magicamente, nate sotto i cavoli, generate per partenogenesi, senza padre né madre. Decreti del governo a sua insaputa. L’ultima, lo sappiamo, è la norma che azzera il reato di frode fiscale sotto la soglia del 3 per cento sull’imponibile. “Non sono stato io”, “non so”, “non mi risulta”: queste le coraggiose rivendicazioni di responsabilità degli uomini del governo Renzi. Già sentite tante altre volte in passato.
È il marzo 1993 quando Giovanni Conso, ministro della Giustizia del governo di Giuliano Amato, vara un decreto legge che depenalizza il finanziamento illecito ai partiti e salva molti indagati di Tangentopoli. Scatta la protesta contro il “colpo di spugna” da parte di quello che viene chiamato “il popolo dei fax”. Un ministro, Carlo Ripa di Meana, si dimette dal governo. Conso, spaesato, annuncia ad Amato che si dimetterà se il decreto – il suo decreto – non decade. Amato spiega che lo ha voluto nientemeno che il procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli. Il capo del pool Mani pulite firma un comunicato in cui dice: “Abbiamo appreso che la cosiddetta ‘soluzione politica’ sarebbe stata giustificata sulla base delle nostre dichiarazioni. Come magistrati abbiamo il dovere inderogabile di applicare le leggi dello Stato quali che esse siano. Non consentiamo però a nessuno di presentare come da noi richieste, volute o approvate, le iniziative in questione. Governo e Parlamento sono sovrani, ci auguriamo che ciascuno si assuma davanti al popolo italiano le responsabilità politiche delle proprie scelte”. Alla fine, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro non firma il decreto, che viene ritirato.
Un anno dopo, il 13 luglio 1994, il primo governo Berlusconi, alla ricerca di un modo per fermare Mani pulite, vara il “decreto Biondi”: abolito l’arresto per corrotti e corruttori. Quel pomeriggio l’attenzione del Paese è tutta per Italia-Bulgaria, semifinale dei mondiali di calcio che deve decidere chi affronterà in finale il Brasile. Al Consiglio dei ministri, il titolare della Giustizia Alfredo Biondi distribuisce una cartellina con il testo e le spiegazioni. Interviene Berlusconi: “O il decreto passa all’unanimità, o lo ritiro e passiamo al disegno di legge”. Roberto Maroni, leghista, ministro dell’Interno e avvocato, chiede: “Ma usciranno di galera De Lorenzo e soci, oppure no?”. Gli rispondono: “No, fidati”. Il decreto passa all’unanimità. Il giorno dopo, i tangentisti escono, il pool Mani pulite si dimette, il Paese insorge. Berlusconi si spaventa e dà la colpa a Biondi, Maroni si dissocia e dice che non gli avevano spiegato le conseguenze. Il 19 luglio il decreto viene bocciato in Parlamento.
E la legge Cirielli? Il deputato di An Edmondo Cirielli nel 2005 presenta un progetto che ridefinisce i tempi di prescrizione. Nel percorso parlamentare, diventa la legge “salva-Previti”, che taglia i tempi di prescrizione, azzera molti processi in corso e rende (ancora oggi) di fatto impuniti molti reati. “Chiamatela ex Cirielli”, protesta allora il suo promotore, che la sconfessa e in aula vota contro.
Nel 2006, durante il secondo governo Prodi, è il senatore Pietro Fuda a disconoscere un suo emendamento che rende praticamente impunibili i reati contabili. Inserito nella legge finanziaria, diventa il “comma Fuda”. Dopo le proteste del procuratore generale della Corte dei conti e le critiche della stampa, Fuda fa marcia indietro: “Il comma della discordia è stato estrapolato, con modalità alle quali sono del tutto estraneo, dal testo di un emendamento differente. Il testo originale era ben diverso”.
Più recente il caso del taglio agli stipendi degli insegnanti. Il governo di Enrico Letta decide di bloccare gli scatti d’anzianità degli insegnanti, che però per tutto il 2013 continuano a riceverli in busta paga. Risultato: a partire dal gennaio 2014 avrebbero dovuto restituire circa 150 euro al mese. Proteste. Polemiche . Alla fine Letta rinuncia alla restituzione. Chi ha provocato questo pasticcio? Rimpallo delle responsabilità tra il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. “Contorta vicenda”, twitta Letta. Saccomanni: “Gli insegnanti possono stare tranquilli, lo stipendio non sarà decurtato”, è tutta colpa del ministero dell’Istruzione. Il ministro Carrozza: “Cercheremo di capire. Si farà un’analisi di chi ha sbagliato e vedremo”. In quell’occasione Renzi, allora segretario del Pd, interviene duramente: “Non stiamo su Scherzi a parte. Il governo rimedi a questa figuraccia, subito”. Ora tocca a lui.
da Il Fatto Quotidiano del 6 gennaio 2015
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.