Nella fascia di età tra i 15-24 anni il dato sale al 43,9%, in rialzo di 0,6 punti percentuali su ottobre. Gli under 25 in cerca di lavoro sono 729mila. Calano anche gli occupati: sono 22.310.000 contro i 22.387.000 del marzo 2014, quando si è insediato il governo. Poletti: "Effetti di decontribuzione e Jobs Act? Nei prossimi mesi"
Mai così in alto. A novembre il tasso di disoccupazione ha toccato quota 13,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a ottobre. E si tratta, ha comunicato l’Istat, di un record storico, il valore più alto sia dall’inizio delle serie mensili (partite nel gennaio 2004) sia di quelle trimestrali, che vengono pubblicate dal 1977. Non solo: per i 15-24enni a novembre il tasso è balzato al 43,9%, in rialzo di 0,6 punti percentuali su ottobre e di 2,4 rispetto a un anno fa, anche se il valore è un po’ più basso del picco toccato in agosto quando risultava pari al 44,2 per cento. In tutto però, per effetto di un incremento del tasso di partecipazione, i giovani senza lavoro risultano essere 729mila, contro i 710mila dell’estate.
In valori assoluti, e allargando lo sguardo a tutte le fasce di età, i disoccupati a novembre hanno toccato la cifra di 3 milioni 457 mila, con una crescita di 40mila unità rispetto a ottobre (+1,2%) e di 264 mila su base annua (+8,3%). Impietoso il confronto con la Germania di Angela Merkel, che mentre l’Italia raschia il fondo del barile festeggia invece un record positivo: a Berlino la disoccupazione è scesa al minimo storico, con il tasso sceso al 6,5% – meno della metà di Roma – e il numero dei senza lavoro calato di 27mila unità contro le 5mila attese dagli economisti. Quanto all’Eurozona nel suo complesso, a novembre il tasso si è attestato all’11,5%, stabile rispetto a ottobre ma in calo rispetto all’11,9% di dodici mesi prima.
Quel che è peggio, però, gli occupati sono scesi dello 0,2% rispetto a ottobre. Si contano così 48mila occupati in meno in un solo mese. Si tratta del secondo ribasso consecutivo. Il loro numero cala anche su base annua, sempre dello 0,2% (-42mila). Viene ancora smentito, dunque, quell'”effetto fiducia” rivendicato da Matteo Renzi a fine novembre, quando il premier aveva sostenuto di aver “creato”, dall’insediamento del suo governo, 153mila nuovi posti. Risultato attribuito al decreto Poletti, quello che ha permesso di stipulare contratti a termine di durata triennale senza indicare la causa. La realtà è ben diversa: se a marzo 2014 (l’esecutivo si è insediato il 22 febbraio) gli italiani con un posto di lavoro a tempo determinato o indeterminato erano 22.387.000, a novembre erano calati a 22.310.000. In compenso il tasso di inattivi resta fermo al minimo storico del 35,7%. In un anno il numero di coloro che non sono occupati né cercano un lavoro è sceso di 312mila. Di qui la tendenza degli ultimi mesi che vede procedere a braccetto un calo dell’inattività e dell’occupazione e un aumento della disoccupazione.
Secondo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, “il tasso di disoccupazione generale viene significativamente influenzato dal costante aumento dei cittadini che si attivano per cercare un lavoro, tanto è vero che il numero degli inattivi a novembre è il più basso degli ultimi due anni”. Per Poletti “i dati diffusi oggi dall’Istat evidenziano l’allineamento dell’occupazione con il quadro economico generale del nostro Paese, confermando come l’andamento del mercato del lavoro ne segua le evoluzioni”. A “destare particolare preoccupazione” è invece “il dato relativo alla disoccupazione giovanile, anche se il numero assoluto degli occupati nella fascia d’età 15-24 anni rimane stabile rispetto ai mesi precedenti”. Quanto agli effetti degli sgravi contributivi inseriti dal governo nella legge di Stabilità e dei primi decreti attuativi del Jobs Act, la nota del ministro sostiene che “solo nei prossimi mesi se ne potranno vedere gli effetti”. “È infatti ragionevole ipotizzare che la decontribuzione triennale totale prevista per i nuovi assunti a tempo indeterminato nel 2015 e l’attivazione del contratto a tutele crescenti abbiano influito e possano influire sulle scelte di molte imprese, spingendole a rinviare la decisione di procedere a nuove assunzioni nel momento in cui saranno pienamente operativi questi strumenti che le rendono più convenienti”.