Per la giustizia italiana la morte di quelle 17 persone fu dovuta solo all’errore umano di un macchinista e un capotreno che però non hanno mai potuto difendersi, perché anche loro quella mattina a Crevalcore (in provincia di Bologna) hanno perso la vita. A 10 anni dal disastro ferroviario un centinaio di persone si sono riunite per ricordare quella mattina di nebbia fittissima del 7 gennaio 2005 quando un treno passeggeri che da Verona andava a Bologna, andò a schiantarsi, a oltre 100 chilometri orari, contro un treno merci che su quel tratto, a binario unico, andava in direzione opposta. L’impatto fu devastante e la scena che i primi soccorritori videro era apocalittica. La prima carrozza del treno passeggeri fu completamente sventrata dall’altro convoglio, che trasportava putrelle di ferro.
“Dal punto di vista giudiziario questa è una delle tante stragi senza alcun colpevole”, spiega Nicola De Pasquale, collega di De Biase e Cinti. “È anche vero che oggi quello che è successo nel 2005 non potrebbe più succedere. Ci sono voluti 17 morti e 20 feriti e le tante lotte che abbiamo portato avanti in prima linea per avere più sicurezza”. I familiari delle vittime, provenienti da molte parti d’Italia, hanno preferito non parlare con la stampa durante la breve cerimonia. Ha parlato invece il sindaco di Crevalcore, Claudio Broglia: “Se anche è vero che l’incidente fu causato da un errore umano, non può esistere che solo un errore umano possa avere causato una strage del genere. I due ferrovieri da questo punto di vista sono anche loro vittime”.
Il processo si è concluso nel maggio 2009. Mauro Moretti, all’epoca dei fatti amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (che poi diventerà ad di Ferrovie e oggi lo è di Finmeccanica) e gli altri due dirigenti nazionali Michele Mario Elia (oggi ad di Ferrovie dello stato) e Giancarlo Paganelli furono assolti, per non avere commesso il fatto, dalla accusa di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime. Il pubblico ministero Enrico Cieri aveva chiesto l’archiviazione, ma il gip Rita Zaccariello respinse la richiesta e ordinò per tutti l’imputazione coatta. Durante il processo, celebrato con rito abbreviato, il giudice Andrea Scarpa assolse tutti, accogliendo la richiesta dello stesso pm. Oltre ai tre dirigenti di Rfi e Ferrovie caddero le accuse anche nei confronti di 7 dirigenti locali di Rete Ferroviaria. Per Scarpa l’incidente fu causato solo dall’errore umano di due ferrovieri, Vincenzo De Biase e Paolo Cinti.
Una delle accuse principali che aveva portato a processo i vertici Rfi era principalmente quella di non avere installato in quella tratta il Sistema di controllo marcia treno, una tecnologia frenante che avrebbe permesso a quel treno passeggeri di fermarsi. Tuttavia secondo il giudice che assolse i vertici Rfi, questi non erano responsabili di quella mancanza anche perché al momento del disastro avevano già programmato l’installazione dell’Scmt sulla Verona-Bologna entro il 2006, secondo un piano di sicurezza su scala nazionale. Fino ad allora erano state privilegiate – secondo il gup correttamente – altre linee ferroviarie ritenute prioritarie perché a più alto tasso di incidenti.
A Crevalcore per la commemorazione erano presenti anche alcuni familiari delle vittime della strage di Viareggio dove nel giugno 2009 33 persone morirono dopo l’esplosione di un vagone cisterna carico di gas. Tra gli imputati del processo – ancora in corso – ci sono anche Moretti e Elia. “Siamo qui – hanno spiegato – perché quella di Crevalcore di maggio 2009 è una sentenza esemplare: tutto il procedimento aveva dimostrato le gravissime omissioni, le rimozioni, le evidenze, ma il giudice stabilisce che il disastro è da attribuirsi all’errore umano del macchinista Vincenzo De Biase e assolve tutti gli imputati, pugnalando al cuore i familiari di tutte le vittime. Ma non può negare che le responsabilità vanno estese al sistema ferroviario in tutto il suo complesso”.