Cinque passaggi burocratici, 55 euro e 124 giorni di tempo. Tanto deve mettere in conto un’azienda che si stabilisca in Italia e voglia attivare un’utenza elettrica. A calcolarlo è il rapporto Doing business 2015 della Banca Mondiale, l’indagine che misura e riassume in un’unica classifica tutti i fattori che influenzano la facilità di fare affari in un determinato Paese. Rispetto al rapporto sul 2014 la Penisola è arretrata di quattro gradini, scendendo al 56esimo posto, dietro (tra gli altri) Colombia e Rwanda. E uno degli aspetti che la penalizza maggiormente è proprio quello che ha a che fare con l’approvvigionamento di elettricità: in questa sotto-classifica abbiamo perso cinque posizioni, scivolando al 102esimo posto su 189 Stati presi in considerazione. Il tempo necessario per aprire un contratto è quasi il doppio rispetto alla media Ocse e i costi sono tre volte più alti. In particolare ci vogliono 60 giorni per ottenere risposta dal gestore, 15 perché un addetto venga a fare il necessario sopralluogo, altri 59 per i lavori di connessione alla rete, una settimana per installare i trasformatori e 5 per ricevere il contatore e poter finalmente accendere la luce.
In questo quadro, consumatori e imprese devono peraltro anche districarsi tra “contratti vessatori e opachi”, scarsa trasparenza, lentezze, “raggiri”, errori di fatturazione, doppie bollette. Fino ad arrivare, a volte, alla “molestia”. Lo evidenzia un’indagine del centro studi Codacons/Comitas sui disagi di consumatori e microimprese legati alle utenze di luce, gas e telefonia, stando alla quale il 75% delle richieste di aiuto ricevute dalle associazioni riguarda questo tipo di problemi. Che pesano in particolare sulle piccole imprese, rendendone più difficile la nascita, la crescita e la sopravvivenza. “L’elevato numero di richieste che riceviamo rivela sicuramente un problema diffuso e abbastanza indifferenziato che coinvolge tutti i gestori di tutte le utenze. E’ evidente l’incapacità ma soprattutto la noncuranza da parte di questi colossi nel tutelare l’interesse dei consumatori”, sostengono Codacons e Comitas interpellati in merito da ilfattoquotidiano.it. Al contrario, spesso “la politica aziendale adottata poco si sviluppa nell’ottica della correttezza e della trasparenza”. Un caso che esemplifica molto bene il problema risale alla fine di dicembre: 20 profumerie ex Beauty Point, appena rilevate da La Gardenia, sono rimaste al buio perché Acea, pur avendo ricevuto il decreto del giudice che autorizzava la disdetta del contratto, ha interrotto l’utenza senza però consentire a Enel la possibilità di subentrare nella fornitura. Risultato: punti vendita chiusi per una settimana e 90 dipendenti a casa dal 24 dicembre in permesso non retribuito. Nel frattempo Acea ha comunicato a La Gardenia che per il passaggio dovrà attendere gennaio.
Le fatture riportano spesso voci di spesa non documentate o non previste nel contratto
Tornando all’analisi Codacons/Comitas, per quanto riguarda luce e gas il 20% delle chiamate riguarda la scarsa trasparenza delle bollette: le fatture erogate riportano spesso voci di spesa non chiaramente documentate o non previste nella contrattazione originaria. Il 19% degli utenti, invece, lamenta problemi nel passaggio da un operatore all’altro (lentezza, doppie bollette, rimpallo per la gestione dei problemi da parte degli operatori) e il 17% i tempi di attesa che superano quelli stabiliti per l’attivazione del servizio. E poi ancora: consumatori e imprese – continua Codacons/Comitas – hanno a che fare con raggiri telefonici e porta a porta per la stipulazione di contratti non voluti (14%), errori di fatturazione dovuti a conteggi di consumi stimati ma non effettivi (11%), solleciti per il pagamento di bollette già pagate con successivo distacco del servizio (7%), condotte moleste da parte delle società di recupero crediti (6%), problemi di conguagli (3%). Disservizi più o meno simili si riscontrano per la telefonia: anche qui le maggiori lamentele vengono per la scarsa trasparenza delle bollette (26%). Seguono i reclami per addebiti anomali per le telefonate e la connessione internet all’estero (23%), per la mancata portabilità del numero (19%), per la richiesta di pagamenti di penali per recessi esercitati anteriormente alle scadenze contrattuali, anche se le motivazioni sono da ricondurre ai disservizi (14%). Infine gli utenti denunciano sms non richiesti da numeri speciali, che scalano il credito (8%), mancato rispetto della tutela dei dati personali (8%) e difficoltà nel recupero di importi ingiustamente addebitati (5%).
I call center “sono un muro invalicabile di inadeguatezza e spesso di maleducazione“
Condotte che provocano “frustrazione” nei consumatori e nelle microimprese, che spesso si ritrovano anche “nell’impossibilità di entrare in contatto con il gestore per risolvere la problematica”. I call center che dividono gli utenti dalla reale gestione amministrativa, infatti, “sono un muro invalicabile di inadeguatezza e spesso di maleducazione; mentre le risposte a e-mail, fax o raccomandate sono soggette a tempi di attesa lunghissimi”, dice il centro studi. Lo sanno bene gli imprenditori italiani da parte dei quali non mancano le segnalazioni della difficoltà di ottenere l’allaccio necessario per l’avvio di nuove attività e arrivato con mesi di ritardo dopo sollecitazioni inutili e cambi di operatore. E’ il caso, per esempio, lamentato da un imprenditore di Salerno che il 31 maggio 2012 chiede invano a Enel due allacciamenti, uno da 30 Kw per il contatore definitivo ed uno da 15 Kw da cantiere. E invia infiniti solleciti senza risposte. A un certo punto Enel, senza nessun avviso, annulla le pratiche. Bisogna quindi aprirne due nuove, con ulteriore perdita di tempo. L’allacciamento arriva dopo ben 10 mesi. In questo periodo l’imprenditore denuncia di aver “dovuto utilizzare un generatore diesel con un rilevante costo di noleggio della macchina e di consumo di carburante, per non dire del tempo perso per le pratiche varie”.