Il “salto di qualità” di Mafia capitale è avvenuto durante la giunta Alemanno poiché, scrivono i giudici nelle motivazioni depositate sulla richiesta di scarcerazione del presunto capo dell’organizzazione e altri arrestati, “molti soggetti collegati a Carminati da una comune militanza politica nella destra sociale ed eversiva e anche, in alcuni casi, da rapporti di amicizia, avevano assunto importanti responsabilità di governo e amministrative nella capitale”.
Nelle 87 pagine di motivazioni, quindi, i giudici spiegano il ruolo di Massimo Carminati (considerato il capo di Mafia Capitale e per questo detenuto in regime di 41 bis), come pure quello del suo braccio destro Brugia e di altri, analizzando alcuni tratti di quell’organizzazione che definiscono come “una delle più pericolose organizzate e ramificate”, soprattutto per la capacità di “infiltrazione nel settore politico-economico e imprenditoriale”.
Carminati viene descritto da giudici come una persona violenta e pericolosa, la cui “personale storia criminale ha certamente contribuito ad accrescerne la “fama”. “Il fatto – continuano i giudici – che dalle accuse a lui mosse a proposito del suddetto depistaggio (sulle indagini per la strage di Bologna, ndr ) e dell’omicidio Pecorelli sia stato assolto unitamente alla circostanza della non pesante condanna comminatagli per il clamoroso furto del caveau, hanno contribuito ad accrescere tale notorietà valorizzando la nomea di “intoccabile”, di personaggio in grado di uscire indenne da ogni situazione in ragione di oscuri collegamenti con centri di potere ai massimi livelli”.
Sul fronte economico, aggiungono i giudici, il “Guercio” si “avvale della partecipazione criminale di quelli che sono stati definiti imprenditori collusi“. Ma “è nel settore della pubblica amministrazione che l’organizzazione criminale si manifesta al proprio meglio. In questo campo opera attraverso le cooperative che fanno capo a Salvatore Buzzi e che detengono una posizione assolutamente dominante negli appalti, in numerosi settori dell’attività del Comune di Roma e di altri minori enti pubblici territoriali, che ottengono attraverso l’opera di corruzione dei pubblici funzionari e/o attraverso la loro intimidazione”. Per questo Carminati resta in carcere, o meglio al 41 bis a Parma dove è arrivato pochi giorni fa. Il giudice ha rigettato la sua richiesta e anche le richieste di scarcerazione avanzate dagli altri imputati, ossia Brugia, Lacopo e Testa.
Nel settore degli appalti l’organizzazione aveva “una posizione sostanzialmente monopolistica dell’acquisizione degli appalti dei servizi del Comune di Roma da parte delle cooperative di Buzzi, nessuno (in sede politica o con denunce penali) abbia mai osato denunciare il sistema di chiaro stampo mafioso vigente”. Per questo non temono altri concorrenti: “L’organizzazione agisce imponendo agli altri concorrenti le proprie condizioni attraverso accordi (certamente illegittimi e che integrano turbativa d’asta) che non avvengono su di un piano di parità ma attraverso la ratifica di scelte fatte dall’associazione criminale“.