Rischia proprio il processo. Inizio d’anno bruttissimo per Altero Matteoli, esponente di Forza Italia, fondatore di Alleanza Nazionale, ex ministro delle Infrastrutture e dell’Ambiente e attuale presidente della commissione Lavori Pubblici del Senato. Il presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, Dario Stefano, sembra deciso a prospettare oggi alla stessa giunta l’opportunità di proporre all’assemblea di Palazzo Madama la concessione dell’autorizzazione a procedere chiesta per Matteoli dal tribunale dei ministri nell’ambito dell’inchiesta sul Mose di Venezia.
Per le mazzette pagate per l’assegnazione dei lavori di bonifica di Porto Marghera, all’esponente berlusconiano viene contestato il reato di corruzione in concorso con l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati; l’amico imprenditore Erasmo Cinque, titolare della Socostramo srl; l’ex presidente e l’ex responsabile amministrativo dell’impresa Mantovani, Piergiorgio Baita e Nicolò Buson. La corposa documentazione, inviata insieme alla richiesta di autorizzazione a procedere dal tribunale dei ministri alla giunta, è lapidaria: “E’ dimostrato”, scrivono infatti i magistrati, “un asservimento alle politiche del Consorzio Venezia Nuova del politico Altero Matteoli nella sua veste non solo di ministro dell’Ambiente ma anche di ministro delle Infrastrutture”.
A lanciare accuse contro Matteoli sono soprattutto Baita e Mazzacurati. Secondo quanto ricostruito nel corso dell’inchiesta, l’affaire si snoda intorno ai circa 300 milioni di euro che quattordici anni fa, nell’ambito di una complessa transazione, la Montedison versò al ministero dell’Ambiente come contributo per le opere di bonifica indispensabili per risanare, dopo decenni di inquinamento selvaggio, l’area di Porto Marghera. Con mossa allora sorprendente, Matteoli affidò le opere di risanamento al Consorzio Venezia Nuova senza istruire alcuna gara pubblica. Come ringraziamento per questa procedura di favore, l’ex ministro avrebbe incassato generose dazioni di denaro e non solo. Secondo l’accusa, pretese e ottenne anche l’affidamento di lavori alla Socostroma dell’amico Cinque che, non a caso, venne inserita nel Cvn.
Per quanto riguarda le mazzette versate, i magistrati ne contestano un paio per circa 500mila euro pagate da Mazzacurati e Baita. Con grandissimi vantaggi anche per l’amico Erasmo Cinque: dopo aver investito circa 25mila euro per entrare nel Consorzio attraverso l’acquisto di una modestissima quota (lo 0,006 per cento), la sua Socostramo risulta infatti aver collezionato utili per quasi 50 milioni di euro. Con un piccolo, sorprendente dettaglio: non avrebbe svolto alcun lavoro di bonifica visto che tutte le opere sarebbero state realizzate dall’impresa Mantovani.
Nello scorso novembre Matteoli è stato ascoltato dalla giunta presso la quale ha depositato anche una corposa memoria difensiva. In quella circostanza si è dichiarato estraneo alla vicenda, spiegando che le accuse contro di lui sono infondate e sottolineando come nei suoi riguardi ci sia un evidente “fumus persecutionis“. Ma il presidente Stefano, relatore sul caso, è arrivato a conclusioni del tutto differenti tanto da poter ipotizzare per lui la concessione dell’autorizzazione a procedere.