Mah. Ripeto: mah.
Matteo Renzi è un campione in comunicazione, lo guardo lo osservo lo ammiro: è teatrale, ha il dono della favella, sa fare le pause giuste, ha la battuta pronta. E’ pure giovane, se fosse pure bello sarebbe una icona esattamente come quello di cui molte donne ripetevano “E’ un gran bell’uomo”.
Un così talentuoso padrone d’immagine (a parte quello di essere stato eletto da nessuno) ha commesso un paio di privilegi che non dovrebbe trascurare. Liquidare così la faccenda Courmayeur è inopportuno: ha diritto a stare con la famiglia dove vuole, ma il protocollo di sicurezza non deve giustificare un privilegio (sempre che sulle piste di Courmayeur non fosse in lista per un trapianto dal quale dipendesse la sua vita) e delegare a tale sufficienza la sua irrinunciabile brama di essere là è un po’ come il Marchese del Grillo che liquida tutti in un “Io so’ io e voi non siete un c…”.
Poi c’è quella storia in cui si assume la responsabilità (grande comunicatore, Matteo!) della manina che ha buttato giù quelle righe in cui Silvio Berlusconi potrebbe riveder la luce (oh… mica che i riflettori gli si siano mai spenti, merito anche di un PDinamo che non ha mai staccato del tutto la corrente) e ricandidarsi. Tuttavia quello che lascia l’amaro in bocca (e la vaselina altrove) è il nome di chi ha composto quel versetto: c’è un mondo di mezzo anche nel mondo politico, più in mezzo di quello capitale, quello che ha inventato le regole grammaticali del “comma”, che un giorno (tipo quando scade un’assicurazione e ti tocca pagare o quando un reato va in prescrizione e il reo va in paradiso) saranno interpretate da archeologi linguisti, annoiati da questa epoca di funzionari enigmisti che i nostri governanti non hanno il fegato di smascherare.
Caro Matteo (se posso darti del tu, ma siam coetanei e non vado a sciare, ho un menisco rotto e il protocollo di sicurezza me lo vieta), sei troppo giovane per invecchiare così presto e sei il premier (non eletto) di un popolo che ha un disperato bisogno di esempi di onestà e di coerenza ai quali ispirarsi. Perché, come farebbe dire Altan al vecchio Cipputi “Non abbiamo più il culo di una volta”.