Al Bureau international des expositions sono arrivate email di protesta non solo dall’Italia, ma anche dalla Francia e dagli Stati Uniti. Il segretario Vicente Gonzalez Loscertales: "L’opposizione è frontale". Ma il governatore leghista: "Se qualcuno al convegno sosterrà tesi strampalate sui gay, dirò che non sono d’accordo"
Expo scivola sull’omofobia. E la figuraccia diventa internazionale. Regione Lombardia ha infatti utilizzato il logo dell’esposizione universale per promuovere un convegno sul tema “Difendere la famiglia per difendere la comunità”. Il titolo sembra innocuo, ma l’incontro ha tra gli organizzatori l’associazione ultra-cattolica Obiettivo Chaire, accusata di sostenere tesi anti gay, visto che sul suo sito propone di “prevenire l’insorgere di tendenze omosessuali” e parla di “atteggiamenti contrari alla legge naturale”. Da più parti è stato chiesto a Roberto Maroni di ritirare il simbolo dell’Expo, ma il governatore, che chiuderà l’incontro del 17 gennaio con il suo intervento, continua a fare spallucce.
E se finora non sono bastati gli appelli del sindaco Giuliano Pisapia e del commissario unico Giuseppe Sala, adesso tocca a Vicente Gonzalez Loscertales usare parole dure: il segretario generale del Bie, l’organizzazione che sovrintende alle esposizioni universali, parla infatti di un vero e proprio “abuso”. “L’opposizione del Bie è frontale – dice Loscertales in un’intervista a Repubblica -. Utilizzare in modo abusivo a fine politico il logo non è accettabile ed è in contraddizione con i valori di Expo e del Bie”.
Al Bureau international des expositions sono arrivate email di protesta non solo dall’Italia, ma anche dalla Francia e dagli Stati Uniti. Che si aggiungono alle 700 recapitate in questi giorni alla società Expo guidata da Sala. Loscertales chiede così a Maroni di rivedere la propria decisione e annuncia che nei prossimi giorni invierà una lettera a Sala e al ministro con delega all’evento Maurizio Martina, per invitarli a fare di tutto per togliere il logo dal convegno. Solo che sia il commissario unico, sia Martina si sono già espressi sull’argomento. E con opinioni analoghe a quelle del Bie. In particolare Sala ha chiesto alla regione di tornare sui propri passi e ha invitato la comunità gay a collaborare per pensare a nuove iniziative per Expo. Alle sue parole si aggiungono quelle di Pisapia, secondo il quale “il patrocinio va ritirato subito, sui diritti civili siamo in prima fila”. Mentre a Milano lo scontro istituzionale non si placa, sulla vicenda è stata presentata anche un’interrogazione parlamentare dal Pd.
Ma Maroni non ci sente: “Questa polemica basata sul nulla, anzi sulla falsità, è chiusa”. Del resto i soci di Expo spa sono liberi di utilizzare il simbolo per qualsiasi iniziativa: sinora, però, il comune ha avuto l’accortezza di chiedere di volta in volta l’autorizzazione alla società e di impiegarlo per eventi attinenti l’esposizione, mentre la Regione l’ha associato a tutte le sue iniziative, di qualsiasi natura fossero. “Se qualcuno al convegno sosterrà tesi strampalate sui gay, dirò che non sono d’accordo – garantiva nei giorni scorsi il governatore -. Ma non tolgo il logo di Expo”. Un intento ribadito anche dall’assessore regionale Cristina Cappellini nella conferenza stampa di presentazione del convegno, in cui il capogruppo leghista Massimiliano Romeo si è spinto a dire che “i gay sono per definizione anticonformisti e alla maggior parte di loro non interessa sposarsi”.
Intanto, se da un lato è circolata la voce di possibili boicottaggi dell’esposizione, dall’altro le associazioni in difesa dei diritti degli omosessuali hanno accolto l’invito di Sala dicendosi pronte al dialogo. Ora l’attesa è per la resa dei conti del 17 gennaio: in contemporanea con l’incontro in regione si terrà fuori da Palazzo Lombardia il presidio ‘L’unica malattia è l’omofobia’, promosso dall’associazione I Sentinelli di Milano. All’iniziativa aderiranno, tra gli altri, Arcigay, Pd, Sel e Cgil. “Che la regione patrocini un convegno di stampo omofobo e antiscientifico – sostengono i Sentinelli – è segno di una grave arretratezza di parte delle istituzioni e del Paese”.