È quanto scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto le istanze di scarcerazione di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero (arrestati lo scorso 11 dicembre dagli uomini del Ros) ritenuti dalla Procura l'anello di congiunzione tra la 'ndrangheta calabrese e Mafia Capitale
“Il clan di Massimo Carminati è da anni in affari con il clan ‘ndranghetista dei Mancuso di Limbadi”. È quanto scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto le istanze di scarcerazione di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero (arrestati lo scorso 11 dicembre dagli uomini del Ros) ritenuti dalla Procura l’anello di congiunzione tra la ‘ndrangheta calabrese e Mafia Capitale.
Secondo le indagini della Procura di Roma il primo era dipendente della Cooperativa 29 giugno, guidata da Salvatore Buzzi (l’uomo delle coop e braccio destro di Carminati), il secondo lo era stato fino al 1999, e dal 2009 alla Roma Multiservizi spa presieduta da Franco Panzironi, ex numero uno dell’Ama, l’azienda dei rifiuti, anche lui arrestato nel blitz su Mafia Capitale.
In particolare, l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino, a Roma, sarebbe stato garantito in cambio della “protezione”, in Calabria, alle cooperative della ‘cupola’ che si occupano dell’assistenza ai migranti. Secondo l’accusa, gli arrestati assicuravano il collegamento tra alcune cooperative gestite da Buzzi, sotto il controllo di Carminati (attualmente detenuto in regime di 41bis nel carcere di Parma), e la cosca Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), uno dei clan più potenti della ‘ndrangheta, egemone nel vibonese e protagonista del narcotraffico internazionale anche grazie a legami diretti in Colombia.
Secondo i magistrati del Riesame, Carminati e Salvatore Buzzi aveva costituito la coop Santo Stefano, onlus destinata a gestire proprio l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino.
“La nascita della cooperativa – si legge nel provvedimento – avrebbe costituito la conferma del rapporto tra l’associazione mafiosa romana e il clan Mancuso che aveva già portato a proficui affari in Calabria”. Rotolo e Ruggiero “sarebbero stati di fatto accreditati su richiesta di Buzzi presso la famiglia Mancuso che come proprio referente per le attività a Roma aveva indicato l’imprenditore Giovanni Campenni“.
Già nella prima fase dell’operazione Mafia capitale era stato perquisito Campennì ed erano emersi, secondo gli inquirenti, gli interessi comuni dei due sodalizi mafiosi ed in particolare, dal luglio 2014, come Buzzi, con l’assenso di Carminati, avesse affidato la gestione dell’appalto per la pulizia del mercato Esquilino di Roma a Campennì, mediante appunto la creazione della Santo Stefano.
Rotolo e Ruggeri, secondo i magistrati del Riesame, “sono soggetti pericolosi per la collettività e da sempre gravitanti nell’ambito di organizzazioni criminali organizzate”. Nel provvedimento di oltre 40 pagine, i giudici ricostruiscono la storia criminale dei due a cui viene contestata l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Parlando di Ruggiero, in particolare, il tribunale scrive che “sin dagli anni ’90 aveva frequentazioni con elementi di spicco della ‘ndrangheta calabrese e in particolare con Girolamo Mole detto U Gangiu” mentre Rotolo “risulta collegato, e non solo per ragioni di parentela, con il clan Piromalli di Gioia Tauro“. Per il Riesame, “entrambi gli indagati trasferitisi a Roma non hanno evidentemente perduto i contatti con la criminalità organizzata calabrese tanto da avere accettato l’incarico da parte di Buzzi di prendere contatto con la cosca Mancuso di Limbadi”. Per i magistrati romani, i due “avevano a disposizione anche armi”.