“Il prossimo numero di Charlie Hebdo si farà come se Charb e gli altri fossero ancora tra noi. In questo numero loro non sono morti. Non sarà un numero omaggio, sarebbe stato troppo facile. Alcune pagine saranno dedicate al massacro, ma non aspettatevi un necrologio. Sarà divertente. Far ridere è la sola cosa che sappiamo fare”.
I GIORNALISTI e i disegnatori del settimanale satirico si sono rimessi a lavoro alle 11 di ieri intorno al capo redattore Gérard Biard. La nuova vita di Charlie Hebdo comincia in un open space messo a disposizione dai colleghi del quotidiano Libération, all’ottavo piano della redazione che si trova in un ex parcheggio al numero 11 rue Béranger. Alle pareti ci sono alcune recenti prime pagine del giornale, come quella della mela che piange pubblicata alla morte di Steve Jobs. Fuori c’è tutta Parigi e il suo cielo grigio. Intorno al tavolo circolare per la prima conferenza di redazione dopo la strage di mercoledì sono più o meno una trentina. Non ci sono più il direttore Charb. Non ci sono più Cabu, Honoré, Wolinski, Tignous. “Ma i loro disegni, sì, saranno nel numero di mercoledì”, ci confida Biard al termine della conferenza di redazione . È toccato a lui il compito di gestire una riunione di diverse ore che non serviva solo a fare un giornale e dove ridere di nuovo insieme serviva da terapia a tutti: “All’inizio ci sembrava inconcepibile riuscire a metterci tutti intorno a un tavolo a lavorare. Ma dovevamo farlo per ricostruirci”, ha osservato il giornalista Patrick Pelloux, che è stato tra i primi ad entrare nella redazione del giornale dopo il dramma e a trovare i suoi amici e colleghi accasciati.
Il timone del prossimo numero dunque c’è già. “Abbiamo deciso di fare un numero normale, di sedici pagine, e non di otto, come pensavano di fare all’inizio – annuncia Biard. Le persone che lo acquisteranno dovranno trovare il giornale che conoscono, con le solite rubriche, non un numero speciale. Chi ci legge sa che non troverà mai a Charlie una colomba della pace. Ricordo la vignetta che aveva disegnato Charb dopo il sequestro in una scuola materna di Neuilly nel 93. Charb aveva ricostruito la scena con l’attentatore e poi in un angolo aveva disegnato un orsacchiotto. Era di un’incredile violenza, ma non potevi fare a meno di scoppiare a ridere”.
LA PRIMA PAGINA e la sua vignetta no, non sono state ancora decise: “Lo saranno lunedì sera, come al solito”. Potrebbe essere uno dei tre schizzi che Willem ha appena consegnato. Anche il disegnatore che salta tutte le riunioni perché “sono troppo noiose” ieri era in redazione: “All’inizio l’atmosfera era pesante, ma poi Luz ha fatto una battuta, ci siamo messi a ridere e allora è andata meglio, ci siamo sciolti. Il nostro mestiere è fare gli stupidi, ed è quello che continueremo a fare”, ha raccontato il disegnatore. Dal giorno dell’assalto le autorità gli hanno proposto una guardia del corpo, ma lui ha rifiutato: “Non mi piace l’idea di avere un tipo armato accanto me”. Al limite del paradossale chi ha tentato di uccidere Charlie Hebdo sta riuscendo a farlo rivivere. Il giornale disperatamente in rosso dispone ora di “mezzi mai visti prima”. Il ministero della Cultura sblocca d’urgenza un milione di euro. In due giorni sono stati registrati diecimila nuovi abbonamenti. Una colletta di fondi è stata organizzata su internet. Tutti i media offrono computer, materiale, giornalisti. Come nel 2011, quando la sede di Charlie Hebdo era stata incendiata da una molotov, Libération ha aperto le porte a vecchi amici: “Tutti si aspettano che continuiamo a fare il nostro lavoro. Come Charlie Hebdo ha continuato a fare il suo in questi ultimi otto anni, nonostante le minacce”, ha detto il direttore di Libé, Laurent Joffrin. Davanti alla sede del giornale il numero di poliziotti è stato moltiplicato per tre. “Ma ci sentiamo al sicuro”. Quanto potranno restare i colleghi di Charlie? “Tutto il tempo che vogliono”. La redazione della rue Nicolas Appert è ancora sigillata: “Ma non so se riusciremo mai a tornare lì”, ci confida Biard. Ci sarà da nominare un nuovo direttore: “Per adesso facciamo questo numero. Alle altre questioni, alla riorganizzazione della redazione, ci penseremo dopo”.
Di Luana De Micco da Il Fatto Quotidiano 10 gennaio 2015