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Charlie Hebdo: il cerchio si ‘chiude’ nel modo peggiore, dovevano prenderli vivi

Non ci poteva essere un “happy end” per la tragedia iniziata con la strage nella sede di Charlie Hebdo, ma “la fine” è stata se possibile anche peggiore dell’inizio. Parigi, la Francia (e con loro l’Occidente) si sono mostrate impreparate e inadeguate nella prevenzione e nel controllo, nonostante le informative che erano arrivate dall’Algeria, e hanno chiuso almeno per ora i due giorni di terrore con un bilancio di sangue impressionante.

Se alle 17 del 9 gennaio 2015 e con l’eliminazione dei due fratelli Kouachi e del giovane Coulibaly, ricevuto solo 5 anni fa all’Eliseo da Sarkozy come un ragazzo delle banlieue in cerca di occupazione, è finito l’incubo di una metropoli in balìa di tre o quattro kamikaze islamici, non è minimamente finita la possibilità concreta di un seguito ravvicinato, come ha annunciato al QuedaUn’ipotesi inquietante ma tutt’altro che irreale e non solo perché si sono perse le tracce della ventiseienne moglie e complice di Coulibaly, in macchina con lui quando è stata uccisa la poliziotta e forse anche al supermercato kosher di Porte de Vincennes.

Ma soprattutto a dare corpo al sospetto che i due blitz che hanno chiuso la caccia ai terroristi non mettano la parola fine alle 58 ore che hanno sconvolto Parigi è la telefonata dal supermarket dove tiene in ostaggio una ventina di persone, di cui quattro uccisi, in cui Coulibaly parla di altri attentati con interlocutori non identificati.

E purtroppo i tre uomini che si sono “divisi i compiti” nell’esecuzione dei redattori di Charlie Hebdo e dei poliziotti e che si sono dichiarati affiliati all’Isis e ad al Queda, concretizzando una saldatura e una perfetta continuità tra le due galassie del fanatismo islamico, sono morti “combattendo” e sono diventati dei martiri.

La domanda ineludibile e che sembra quasi impronunciabile, l’ho sentita solo da Enrico Mentana, ed è molto banale: e cioè se dopo 60 ore di caccia da parte di più di 80.000 uomini dotati dei mezzi più sofisticati sia stato fatto veramente tutto per cercare di prendere i killer vivi. Certo, la risposta scontata è che è difficile lasciare in vita chi non vuole farsi prendere vivo, però a vedere il filmato dell’irruzione all’hyper casher di Porte de Vincennes sembrerebbe che non siano stati fatti molti sforzi in tal senso; e d’altronde come ci hanno ricordato gli esperti la decisione in proposito è sempre politica, cioè del ministro dell’Interno.

Non è nemmeno chiaro, insieme ad una serie notevole di elementi contraddittori, se una qualche “trattativa” sia mai stata aperta o quanto meno valutata.

Avere i terroristi, o come li si vuole chiamare, vivi avrebbe comportato la possibilità sul piano investigativo di penetrare nella rete articolata di collegamenti che oggi si può solo intuire e che è fondamentale ricostruire.  Avrebbe consentito di avere un processo, un dibattimento pubblico in grado di fare chiarezza su quanto rimane e probabilmente rimarrà avvolto da un’aura opaca e lasciato a ricostruzioni tutte da verificare.

Poter processare e condannare secondo le regole e le garanzie processuali di uno Stato di diritto i carnefici di una redazione avrebbe consentito alla Francia, la patria di Voltaire e di Montesquieu di mettere in pratica i valori fondamentali e non negoziabili su cui si fonda e di cui è orgogliosa la République.

Purtroppo a me sembra, a differenza di quanto ha sostenuto nello Speciale di Mentana Corradino Mineo, a lungo corrispondente da Parigi e dunque molto più competente di me, che la Francia non esca particolarmente bene dalla gestione di questa terribile emergenza e che abbia anche delle serie responsabilità, insieme allEuropa e all’Occidente per non aver saputo prevenirla né arginarla.

La mancanza di protezione adeguata per una redazione altamente a rischio, lasciata sola anche in termini di solidarietà intellettuale a rappresentare la libertà di satira, si è creduto di poterla compensare, ex post, con un dispiegamento di forze che in tre giorni avrebbe potuto liberare Kobane dal giogo dell’Isis. Il “successo” dell’operazione non è stato in grado di evitare la morte di quattro ostaggi e ha incluso la fine “eroica” dei tre vendicatori con un rischio di emulazione e di “vendette” a catena non prevedibile.

L’ultimo pericoloso capitolo di “occasioni perdute” si annuncia la grande manifestazione istituzionale di domenica se in extremis l’Europa non mette da parte la retorica e l’ipocrisia dominanti e non si rende credibile e coerente spendendosi concretamente per i valori che proclama, all’interno degli stati membri e in politica estera.