Pronostici nessuno ne fa apertamente. E tuttavia gli esperti concordano: se domani 11 gennaio (si vota dalle 8 alle 20) alle urne andranno almeno 30mila liguri, la vittoria sarà di Sergio Cofferati. Se viceversa vinceranno astensione e disinteresse, le primarie del Pd per le Regionali – formalmente di coalizione, visto che corre anche Massimiliano Tovo, del Centro democratico di Bruno Tabacci – incoroneranno Raffaella Paita, 40 anni, erede di Claudio Burlando, suo grande elettore. Burlando lascia la guida della Regione dopo due mandati. Inutile consultare le statistiche o chiedere lumi agli aruspici. Alle precedenti consultazioni votarono solo in 21mila ma erano primarie targate solo Pd. Al voto per la scelta del segretario nazionale del Partito Democratico – vinte da Matteo Renzi – si presentarono invece andarono in 80mila.
“Gli effetti? I partiti sono già due”
Il quadro politico in pochi mesi è cambiato radicalmente. Renzi guida il partito e il governo, in alleanza l’Ncd di Angelino Alfano. E flirta a porte aperte con il nemico di ieri, Silvio Berlusconi. Inevitabile che le onde del maremoto romano si propaghino anche in provincia, scavando nuovi fossati fra le anime del partito e proiettando ombre scure sul futuro. E’ opinione diffusa che comunque finisca il rodeo delle primarie, il Pd ligure ne uscirà spaccato: “I partiti sono già due”, confida un dirigente che vuole restare anonimo. Formare una maggioranza compatta non sarà affatto facile. Chiunque sia il vincitore delle elezioni “vere”, per le quali il centrodestra ortodosso e M5s al momento non sembrano avere chance.
Il nuovo corso renziano e la reazione della base
L’assalto alla dirigenza renziana ha prodotto anche in Liguria una reazione forte nei quadri e nella base, fortemente ancorati a sinistra. Da qui il nome di Cofferati, 67 anni a fine mese, originario della provincia di Cremona, ma genovese, ex segretario della Cgil e ex sindaco di Bologna e ora europarlamentare eletto nella circoscrizione Nord Ovest. La sua candidatura è stata studiata per arginare la crescita di immagine e di potere della Paita, spezzina, assessore regionale alle infrastrutture e alla Protezione Civile, al centro delle polemiche – nei giorni dell’alluvione di Genova di ottobre – per i ritardi con cui venne diramato l’allarme. Discepola devota di Burlando (ma lei si infuria se glielo si ricorda…), Paita promette cambiamenti netti rispetto alla politica della giunta di cui fa tuttora parte e lotta dura contro l’immobilismo del sindaco di Genova, Marco Doria, che Paita accusa di non prendere decisioni sulle opere strategiche, come la Gronda di ponente. Centoventotto sindaci e amministratori (quasi tutti di centrodestra) hanno firmato pro Paita, “perché è l’ora di un presidente donna in Regione”. L’Anpi ha speso la sua parola per Cofferati. Le posizioni personali si divaricano ed è forte il sospetto che il generone della politica ligure stia facendo una scommessa sul cavallo vincente. Fuori dalle ideologie. Almeno sul versante paitiano.
Divisi su tutto
Praticamente i due sfidanti sono divisi su tutto. Anzitutto sulle alleanze. Paita ha accettato di buon grado l’appoggio promesso dal Nuovo Centrodestra. L’ex ministro Claudio Scajola, caduto nella polvere ma sempre in grado di orientare migliaia di voti nell’estremo ponente, aveva tentato un timido approccio con Cofferati che ha respinto la sua offerta di appoggio. Paita l’ha accettato con entusiasmo perché – ha spiegato – il Pd, a vocazione maggioritaria, i voti deve prenderli anche tra i delusi di Berlusconi. Stesso scherma usato da Matteo Renzi,
“No agli ex fascisti alle urne”
Cofferati si è scagliato contro questa forma di trasformismo, il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini ha rimandato la palla a Genova e la commissione di garanza ha stabilito che non potranno votare i dirigenti del partito di Alfano e neppure quelli di Forza Italia, rappresentati dall’attuale sindaco di Albisola, Franco Orsi, ex senatore ed ex assessore regionale con Biasotti che Paita ha celebrato accogliendolo fra i suoi come “il miglior assessore all’ambiente mai avuto in Liguria”. Senonché l’ufficio tecnico delle primarie di Savona ha dato via libera al voto a Orsi e ai suoi, scatenando le ire dei consiglieri piddini di Albisola che in comune stanno all’opposizione. La porta aperta da Paita a ex berlusconiani ed ex An ha indignato Bersani, Fassina e Cuperlo che da Roma hanno lanciato il grido di battaglia: “No al voto di destra”. “Ex fascisti” dicono dall’area della sinistra del partito. I più pessimisti contemplano addirittura l’eventualità di invalidare il risultato delle primarie se lo scarto fra i due contendenti risultasse minimo.
Da Pinotti a Orlando, la cascata di riposizionamenti
Primarie complicate, incattivite dalla spaccatura che attraversa verticalmente l’intero Pd ligure. Primarie sfregiate dall’alluvione di ottobre che ne aveva imposto il rinvio a gennaio e dal confronto acerrimo fra i due principali candidati, scivolato spesso nello scontro personale. Al tirar delle somme le convulsioni riguardano anche i king makers dei due candidati del Pd. Spaccati pure loro secondo logiche che puzzano di riposizionamento sul territorio nelle posizioni (delegate) di potere. Paita ha incassato l’endorsement del ministro della Difesa Roberta Pinotti, convinta dall’affinità di genere. Eppure Pinotti nella corsa alla segreteria regionale del Pd aveva sostenuto proprio Cofferati. Il ministro della Giustizia, lo spezzino Andrea Orlando, si è schierato con Cofferati. Le vecchie appartenenze dunque non contano più, se un ex occhettiano come Carlo Rognoni, ha dichiarato che voterà Paita. Mentre l’ex deputato ed ex presidente di Confindustria Genova, Stefano Zara, ha scelto Cofferati, di cui quando era sindacalista – ha spiegato – aveva apprezzato la correttezza.