In tutta questa terribile vicenda, che interroga ognuno di noi nell’intimo provocando sgomento, terrore e timore per il futuro, fortunatamente ci sono alcuni aspetti che offrono uno sprazzo di sereno in un cielo tempestoso. Provo ad elencarli: i terroristi sbagliano indirizzo e devono chiedere dov’è il loro obbiettivo, uno dei due perde una scarpa, poi perde la carta d’identità, fanno un maldestro incidente, non si accorgono della presenza nella tipografia del proprietario dentro uno scatolone. L’altro terrorista sbaglia ad agganciare il telefono per cui permette la localizzazione e la conoscenza di quello che sta succedendo. Sul versante dei poliziotti possiamo elencare la sottovalutazione dell’informativa attuata il giorno prima dai servizi segreti tunisini, le teste di cuoio che scivolano sul prato, l’errore nel posizionare gli esplosivi.
Tutti questi elementi manifestano in modo inequivocabile che, pur in una situazione drammatica, i protagonisti mantengono la loro umanità. Sono impacciati, pasticcioni, insomma esseri viventi complessi e non pure macchine da guerra. Capiamo da questi particolari che tutte le esercitazioni e gli addestramenti non hanno intaccato completamente la loro essenza emotiva profonda.
Come psicoanalista posso ipotizzare che i terroristi vivessero un conflitto interiore. Una parte cosciente che li portava alla decisione di uccidere ma, accanto, una componente inconscia che sapeva che uccidere è male. Sulle scene del crimine capita, quasi immancabilmente, che l’assassino lasci, “appositamente per essere ritrovata”, una traccia che permetta agli inquirenti di rintracciarlo. Il senso di colpa inconscio lavora per indurre l’uomo, che sa di commettere un atto malvagio, a ricercare l’espiazione di una pena. Il bisogno inconscio di essere bloccato nella propria furia distruttiva mette in atto una serie di “dimenticanze, atti mancati, sbadataggini” che sabotano in parte le intenzioni coscienti.
Soprattutto questi elementi di faciloneria, incapacità e balordaggine finalmente inducono in noi il senso del ridicolo. Nella profonda sofferenza complessiva di questa vicenda ci fanno sorridere i terroristi pasticcioni e le teste di cuoio maldestre. I giornalisti del giornale satirico avrebbero certo riso e disegnato una vignetta su questi comportamenti.
L’ironia è l’antidoto più importante e psicologicamente efficace nei confronti del fanatismo e di tutti coloro che si prendono troppo sul serio. A proposito di costoro mi paiono veramente patetici i vari esponenti dell'”intelligence” intervistati nelle varie trasmissioni di intrattenimento.
Il buon Dio ci guardi da costoro! Preferisco decisamente la “stupidence” e spero che, se mai ci sarà un terrorista nostrano, come nella migliore commedia all’italiana, un giorno scorderà la bomba e l’altro giorno l’innesco.
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