Il ministro Alfano annuncia le nuove norme sul web per contrastare il fondamentalismo. Alfano ha parlato di una blacklist da comunicare ai provider.

Come  avverrà concretamente il blocco dei siti fondamentalisti?

Premesso che le norme ci sono già, che la magistratura già emette  questo tipi di ordini per fondamentalisti islamici, ma ancor più per fondamentalisti “nostrani”, occorre capire cosa intende fare il governo. Dalle parole dei ministri Alfano e Gentiloni (che se ne è occupato tempo fa) sembra potersi delineare questo scenario:

– Il blocco dei siti per ragioni di pedopornografia viene già attuato dai provider su richiesta del Ministero dell’Interno. A dotare il Ministero dell’Interno di questi poteri è stato Paolo Gentiloni, all’epoca ministro delle Comunicazioni, oggi ministro degli esteri del governo Renzi. Attraverso una  norma da lui varata nel 2007, un organismo chiamato Cncpo, centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia su internet)  redige una lista di siti   che devono essere resi inaccessibili ai provider. In base a quella norma ogni mattina il Ministero dell’Interno comunica ai provider italiani una lista di siti da rendere inaccessibili a livello di Dns oppure di numero Ip.

– I provider naturalmente non fanno alcun controllo sul contenuto dei siti. Ma il Cncpo si occupa appunto di pedofilia e non di terrorismo. Chi si occuperà allora di redigere questa lista annunciata da Alfano e di comunicarla ai provider? A farlo sarà presumibilmente un altro organismo del Ministero degli Interni: il Cnaipic, ovvero il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la protezione delle infrastrutture critiche. Entrambi gli organismi appartengono alla polizia postale ed entrambi hanno sede a Roma nello stesso complesso ove sono  dislocati  i reparti d’elite della polizia postale. Il Cnapic è stato istituito sulla base del decreto Pisanu e delle determinazioni autonome del ministro degli Interni e del capo della polizia.

Il decreto Pisanu (altrimenti conosciuto come il patriot act italiano), emanato a seguito degli attentati di Londra del 2005, aveva introdotto il concetto di protezione delle infrastrutture critiche nazionali dal terrorismo. Fra le altre disposizioni il decreto Pisanu aveva previsto l’identificazione dei soggetti che usano il wifi e di coloro che si recano in un internet point. La norma, che ha avuto un impatto negativo sullo sviluppo del wifi nel nostro Paese, tendeva ad evitare che combattenti (fondamentalisti o meno) potessero usare gli hotspot o gli internet point del nostro paese, per compiere attività di terrorismo internazionale.

Fra gli altri eventi conseguenti agli attentati terroristici del 2005 vi era infatti il fatto che uno dei fratelli dei terroristi londinesi avesse un internet point a Roma in zona Stazione termini e tale elemento fu sufficiente, secondo alcune fonti, a ritenere le attività degli internet point a rischio. Nel corso degli anni, e a seguito del Decreto Pisanu, il Cnaipic è divenuto l’organismo d’elite del Ministero degli Interni che studia e reprime i fenomeni del terrorismo on line e degli attacchi informatici. Il Cnaipic è salito recentemente alla ribalta delle cronache per uno scontro” con gli attivisti di Anonymous, terminato con gli arresti compiuti nell’ambito dell’operazione Tango Down del 2013.

Bisogna dire che entrambi gli organismi sono composti da agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria che agiscono comunque sotto la supervisione della magistratura e ciò li distingue ad esempio da altri Enti amministrativi che questo potere non hanno, pur esercitandolo (ad esempio l’Agcom, che dovrebbe riferire proprio a questi Enti per le violazioni del diritto d’autore, ma che “fa finta” di trovarsi di fronte ad una attività puramente amministrativa).

Alfano probabilmente si presenterà al Consiglio dei Ministri con questa proposta che  copierà il modello francese presentato alla Commissione Europea l’8 gennaio e che prevede la blacklist congiunta pedopornografia-terrorismo, senza sapere però che la Francia ha copiato integralmente il modello Italiano del Decreto Gentiloni.

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