È stato un fine anno di attesa quello dei lavoratori dell’azienda De Masi di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Lo scorso 18 dicembre, a Roma, negli uffici del ministero dello Sviluppo Economico è stato riaperto il tavolo delle trattative tra le banche e l’imprenditore Nino De Masi, pronto a licenziare 40 dipendenti perché non è stato ancora risarcito da Unicredit, Monte dei Paschi e Bnl, responsabili di usura bancaria. “La responsabilità della banca – è scritto infatti sulla sentenza di Cassazione – sussiste per il solo fatto che il danno ingiusto si è verificato per una condotta comunque alla stessa imputabile. Il fatto usuraio è ben definito”. Il tavolo è stato aggiornato al 13 gennaio e nel frattempo il governo ha prorogato la cassa integrazione per gli operai della De Masi. Se non dovesse trovarsi una soluzione, il Movimento 5 Stelle ha annunciato azioni eclatanti nel caso in cui venissero calpestati i diritti dei lavoratori della De Masi. Gli ultimi mesi del 2014, la vicenda è entrata al centro del dibattito con alcune importanti iniziative. Prima lo sciopero della fame di alcuni dipendenti dell’azienda e poi, al fianco dell’imprenditore di Gioia Tauro, si sono schierati la Fiom e Libera. Don Luigi Ciotti ha addirittura invitato “le persone oneste a chiudere i conti dalle banche responsabili dell’usura nel caso in cui queste non risarciscano Nino De Masi” che, in seguito alle sue numerose denunce alle cosche per il racket, vive sotto scorta (la sua azienda vigilata dall’esercito) dopo che ha ricevuto gravi minacce di Lucio Musolino
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