Fra i rinvii del Milleproroghe 2015 ce n’è uno particolarmente prezioso per lo sport italiano. Il decreto del governo ha evitato che le Federazioni affiliate al Coni rientrassero all’interno del paniere Istat. E andassero perciò incontro ad una serie di restrizioni di tipo economico e burocratico: tetto massimo di trasferte, tagli alle spese informazioni, persino vincoli per il volontariato. Più di una disciplina sportiva sarebbe rimasta paralizzata, proprio nell’anno di vigilia delle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Ma il Milleproroghe ha solo posticipato l’emergenza al primo gennaio 2016 e l’allarme resta alto. Tanto che il presidente della Federazione di atletica leggera (Fidal), Alfio Giomi, spiega al fattoquotidiano.it: “Se passa questa roba qui chiudiamo tutti”.
La questione riguarda l’inquadramento delle federazioni sportive, attualmente in un di limbo: mentre la natura di ente pubblico non economico del Coni non è mai stata messa in discussione, dal 1999 le federazioni sono diventate associazioni di diritto privato senza fini di lucro. Questo, però, nonostante esse continuino a percepire finanziamenti pubblici per tramite del Comitato olimpico, che rappresentano una fetta fondamentale del loro bilancio. Proprio in virtù di questi contributi, da anni si parla del loro ingresso nel paniere Istat, con una sorta di nuova equiparazione agli enti pubblici. E quindi alle norme che li vincolano. Come il taglio di circa il 65% delle trasferte dei dipendenti della pubblica amministrazione. “Una follia”, spiega Fabio Pagliara, segretario generale della Fidal.
Il decreto ha evitato che le Federazioni andassero perciò incontro ad una serie di restrizioni di tipo economico e burocratico
“L’attività delle Federazioni è tutta propedeutica alle gare. I soldi ci servono essenzialmente a quello”. “Nel 2015 noi abbiamo 48 prove di Coppa del Mondo, un mondiale e un Europeo. Che facciamo? Ci mandiamo metà nazionale?”, fa eco Giorgio Scarso, numero uno della Federazione Scherma (Fis) nonché vicepresidente del Coni. Probabilmente gli atleti non sarebbero stati inclusi nel provvedimento. “Ma restano gli altri membri della spedizione: tecnici, dirigenti, fisioterapisti”, aggiunge Pagliara. Stesso discorso per gli investimenti in formazione, su cui pone l’accento il capo della Federscherma: “Per un’azienda può essere giusto in tempi di crisi spendere meno nella formazione del personale. Ma nel nostro caso il personale sono gli allenatori: se tagliamo dell’80% il settore tecnico distruggiamo la scherma italiana. Sono loro il segreto della nostra scuola che ha raggiunto tanti risultati a livello internazionale ”.
Dal 1999 le federazioni sono diventate associazioni di diritto privato senza fini di lucro
Un problema economico, dunque. “Tra una cosa e l’altra avremmo dovuto restituire all’erario circa un milione di euro”, spiegano dalla Federazione pallacanestro. Di fatto, un taglio mascherato al mondo dello sport, dopo che era stato annunciato con trionfo il mantenimento dei contributi statali al Coni. Ma c’è dell’altro: l’equiparazione ad enti di diritto pubblico avrebbe comportato anche una serie di oneri burocratici pesantissimi da sostenere. “Noi ogni anno facciamo migliaia di piccoli rimborsi spese per tecnici, atleti, arbitri, in maniera molto snella. Rendicontarli con procedure lunghe avrebbe completamente ingolfato la gestione federale”, afferma la Fidal. Vien da chiedersi come e perché sia stato partorito un provvedimento che rischia di paralizzare lo sport italiano e scoraggiare persino le attività di volontariato. Una risposta prova a darla il presidente Scarso: “Se ne parla da anni, anche a causa delle indicazioni dell’Unione Europea sul controllo della spesa pubblica.
È vero che le federazioni hanno uno status un po’ ambiguo, ma la questione va affrontata seriamente con una legge quadro, non con interventi sommari”. È quello che si proverà a fare nel corso del 2015: il Milleproroghe ha solo posticipato la tagliola, che scatterà ugualmente a partire dal 2016, anno ancor più delicato perché olimpico. “Siamo fiduciosi di trovare una soluzione, abbiamo già aperto un tavolo con il sottosegretario Delrio”, conclude Scarso. “Ben vengano controlli e trasparenza, ma bisogna riconoscere al nostro mondo quelle che sono delle specificità oggettive”. Il conto alla rovescia è cominciato: c’è un anno di tempo per salvare lo sport italiano dalla burocrazia.