L'assessore regionale alla Ricostruzione post terremoto Palma Costi ha annunciato che saranno smantellati i moduli abitativi temporanei. Ma sono ancora 1500 gli sfollati costretti a vivere fuori casa: "Solo promesse"
Tempo di occupare la propria poltrona in viale Aldo Moro ed è arrivato l’annuncio del neo eletto assessore regionale alla Ricostruzione post sisma, Palma Costi: “Entro il 2015 tutti i moduli abitativi provvisori saranno smantellati”. E per i 1.500 sfollati che ancora li occupano, costretti a vivere nei container da quando, a maggio 2012, i terremoti devastarono l’Emilia distruggendo le loro case, “cercheremo altre soluzioni abitative: dall’assegnazione di un alloggio pubblico, all’individuazione di un appartamento di proprietà privata disponibile per l’affitto, per il periodo necessario al rientro nella abitazione danneggiata dal sisma”. Un impegno difficile, quello formulato dall’ex presidente dell’Assemblea legislativa ai tempi del governatore Vasco Errani, ex commissario alla Ricostruzione fino alle dimissioni per la vicenda Terremerse. Già Errani, infatti, aveva promesso alla bassa terremotata che i container abitativi, allestiti nelle periferie dei Comuni più colpiti dai fenomeni sismici, non sarebbero stati utilizzati per più di due anni. Tuttavia, se nel 2014 il numero dei residenti dei map, o moduli abitativi, è diminuito, le famiglie costrette a vivere ancora negli alloggi provvisori sono molte. “E’ l’ennesima bugia della Regione – sottolinea Massimo Vignola, del comitato residenti nei map di Cento, in provincia di Ferrara – già da tempo ci sentiamo ripetere dall’amministrazione regionale che i moduli verranno smantellati, eppure siamo ancora qui, e per il terzo inverno consecutivo ci siamo trovati costretti a rimanere in questi container, trafreddo, umidità, fango e topi”.
Secondo i dati forniti dalla stessa Regione Emilia Romagna un anno dopo i fenomeni sismici, nella bassa erano stati allestiti in tutto 760 moduli prefabbricati abitativi, che hanno dato alloggio a 2.300 persone. A questi, poi, si sommano i 220 moduli prefabbricati rurali installati prevalentemente nel modenese, la provincia più danneggiata dal sisma, per gli agricoltori e i dipendenti di aziende agricole che avevano manifestato la necessità di restare nei pressi della loro attività per continuare a lavorare. A maggio 2014, tuttavia, di quei moduli ne erano stati smantellati solo una parte, nonostante i due anni stabiliti come termine ultimo per il trasferimento degli sfollati in altre soluzioni abitative fossero in via di scadenza: dei 220 alloggi rurali, diceva proprio Errani, quelli occupati erano ancora 200, in tutto circa 600 persone, mentre i container abitativi ne erano stati svuotati solo 140. Circa 2.600 persone, quindi, vivevano ancora nei map.
Oggi, il numero delle famiglie sfollate è diminuito ulteriormente, tuttavia i moduli occupati sono ancora 485, per un totale di 1.500 residenti circa, a cui si sommano i 590 che vivono nei container rurali. Ben più, insomma, dei 300 casi che la precedente giunta Errani stimava sarebbero rimasti da gestire nel 2015. Meno della metà, invece, sono gli sfollati rientrati nelle loro case, o passati ad altre soluzioni abitative. La ragione principale, come spiegavano al Fatto i sindaci dei Comuni del cratere, è dovuta al fatto che nei map risiedono i casi più complessi: i proprietari, insomma, delle case più danneggiate dal terremoto, o gli affittuari di abitazioni mai ricostruite, oppure non più disponibili. A complicare la situazione, quindi, è sempre la burocrazia: “Stiamo cercando soluzioni abitative alternative – spiegava il sindaco di Novi di Modena Luisa Turci – ma la strada della ricostruzione è lunga: da tutta l’area del cratere sono giunte 7.300 domande di rimborso relative ad altrettanti edifici, case o aziende, da ricostruire, 500 solo in questo Comune. Non sono interventi che si concludono in un anno”.
“Se fosse stato così semplice avrebbero trovato prima altre sistemazioni – sottolinea Vignola – invece siamo ancora qui”. Un Natale difficile, quello degli sfollati che abitano nei quartierini map della bassa terremotata, acquistati al risparmio dalla Regione proprio per via della loro temporaneità. “Quando arriva il freddo la situazione si fa molto pesante – racconta Vignola – siamo costretti a tenere il condizionatore acceso al massimo, ma per fare un esempio, se lo impostiamo a 24 gradi, nella parte alta del modulo la temperatura arriva a 18 gradi, in quella bassa a 14. Quindi non solo i bambini si ammalano, ma le bollette Enel, già salatissime, crescono”. Le convenzioni sono scadute, i collaudi non sono ancora stati ultimati, e i tecnici che avrebbero dovuto spiegare ai residenti dei container come ottimizzare i consumi per ridurre le spese, promessi da Errani a maggio, non si sono visti. “Di buone intenzioni è lastricato il mondo – critica Sandro Romagnoli di Sisma.12 – ma noi terremotati chiediamo fatti concreti. La Regione aveva anche garantito che avrebbe semplificato la burocrazia, però non è successo. Vedremo se questa giunta manterrà le promesse”.