Sono mesi difficili, faticosi. La città sta cambiando, e l’aria che si respira è cattiva. Le esperienze di autogestione e di vitalità culturale vengono soffocate o lasciate morire: il Teatro Valle, l’Angelo Mai, il Cinema America, ora Scup. Intanto Mafia Capitale disvela le carte e mostra le collusioni sistemiche tra politica e criminalità.
Ora più che mai, sarebbe un errore pensare che le pratiche dei commons siano solo delle isole felici: sono forme concrete e mature di alternativa alle crisi irreversibile delle istituzioni. Fatiscenti, verticiste, corrotte e lontane dai bisogni di cittadine e cittadine. Questo è stato il progetto che ha animato l’occupazione del Valle e che continua a muovere i suoi passi. Generare altre istituzioni possibili, nuovi modelli più liberi e democratici.
Per rimettere questi temi al centro del tavolo che è stato aperto ad agosto sulla futura gestione del Teatro Valle e sui possibili modelli di sperimentazione, il 27 novembre è stato occupato il foyer del Valle. A seguito di questa azione, venerdì 9 gennaio il tavolo è stato riconvocato con la presenza dell’Assessore alle politiche culturali Marinelli, oltre che del vice presidente della Commissione Cultura Peciola, del presidente del Teatro di Roma Sinibaldi e del direttore Calbi.
Nel corso dell’incontro la Fondazione Teatro Valle Bene Comune ha presentato una bozza di Convenzione tra Teatro Valle Bene Comune e Teatro di Roma. Scopo: sperimentare un progetto gestionale e artistico radicalmente innovativo ispirato alle pratiche dei beni comuni e ai principi cardine dello Statuto della Fondazione.
La Convenzione dovrebbe regolare i rapporti tra un’istituzione formale e un’istituzione di nuovo tipo, informale, collettiva, orizzontale. Come tutelare l’autonomia del processo di autogoverno? Come impedire che la burocrazia delle istituzioni pubbliche soffochi ogni vitalità? Quali statuti speciali sono necessari per sostenere le attività di produzione culturale no profit? Come supportare l’innovazione prodotta in questi tre anni e farla diventare endemica, virale? Questi sono i nodi che ci troviamo davanti, e altrettante sfide lanciate all’amministrazione e a Teatro di Roma, se sapranno raccoglierle…
Come fu per lo Statuto della Fondazione, ciascuno può portare il proprio contributo partecipando alla scrittura e all’elaborazione, commentando e integrando online. Le proposte saranno discusse in assemblee aperte. Su questa piattaforma di lavoro siete tutti invitati all’incontro aperto di lunedì 12 gennaio alle 17 a Scup via Nola 5, Roma.
Quello che è stato sperimentato al Valle Occupato è un principio semplice e al tempo stesso rivoluzionario e che potrebbe diventare un germe di trasformazione per il sistema teatrale e culturale: un teatro gestito, immaginato e vissuto da un’assemblea di artisti, lavoratori della cultura e cittadini. Un laboratorio artistico e politico che è diventato un caso esemplare riconosciuto in tutta Europa, nel quale il progetto di gestione è di per sé già progetto artistico, ipotesi di politica culturale.
Ma la Convenzione non può rimanere un accordo a porte chiuse tra due soggetti nè può esaurire il dibattito e le potenzialità generati in questi anni. Per questo è stata lanciata una sfida ben più ambiziosa: un processo pubblico per la scrittura di una delibera che recepisca sul piano politico-istituzionale la sperimentazione di un modello a decisionalità diffusa per il Teatro Valle. In molti territori della penisola il dibattito sui beni comuni sta avanzando, portando ad esperimenti più o meno interessanti ma senz’altro innovativi. Dopo il regolamento per la cura dei beni comuni di Bologna, ancora troppo legato al principio del volontariato e lontano dall’idea di autogoverno, il 24 novembre 2014 il Comune di Chieri ha approvato una delibera che fa molti passi avanti in tal senso. A Messina e a Napoli proseguono le sperimentazioni. A Milano un tavolo di lavoro tra assessorati e esperienze autogestite sta elaborando una delibera per l’affidamento di spazi abbandonati del territorio metropolitano – pubblici o privati – a comunità informali di cittadini e lavoratori che ne facciano richiesta.
A Roma – nonostante la mancanza di coraggio dell’attuale amministrazione – arriveranno in Consiglio Comunale le delibere di iniziativa popolare promosse dalla rete sociale deLiberiamoRoma.org e presentate nel luglio scorso con 32.000 firme. Acqua bene comune, uso sociale del patrimonio immobiliare abbandonato, scuola pubblica e finanza sociale: la discussione delle delibere sarà occasione per proiettare un’altra visione della città. Un precedente importantissimo.
→ Sostieni l’informazione libera: Abbonati o rinnova il tuo abbonamento al Fatto Quotidiano