Sembra esserci una sorta di accanimento, nel non voler rimuovere il logo di Expo dal convegno pro “famiglia naturale”, in programma a Palazzo Lombardia il prossimo 17 gennaio. Ora anche il Bie (Bureau international des expositions) – la notizia è di qualche giorno fa – ha espresso la propria contrarietà alla prospettiva di veder avvicinare l’immagine dell’Esposizione Universale del 2015 a questa sorta di avvenimento.
Vicente Gonzalez Loscertales, Segretario generale del Bie ha dichiarato in un’intervista al quotidiano Repubblica che: “l’opposizione del Bie è frontale. Utilizzare in modo abusivo a fine politico il logo non è accettabile ed è in contraddizione con i valori di Expo e del Bie”. Ma anche questa secca risposta non sembra aver convinto i vertici di Regione Lombardia a tenere il loro convegno senza il logo dell’evento più importante che si terrà a Milano a partire dal prossimo primo maggio.
E così nella sala dedicata a Giovanni Testori, grande intellettuale italiano ed omosessuale, si parlerà di “famiglie naturali”, considerando quella costituita esclusivamente da uomo e donna come l’unica possibile; alternando gli interventi di chi propone sistemi pedagogici e psicologici per “riconoscere” l’omosessualità nei più piccoli e quindi “assisterli”, ad altri, di illustri ricercatori clinici che metteranno addirittura in dubbio l’esistenza stessa di categorie quali quelle dell’eterosessualità e dell’omosessualità.
E tutto questo pare debba nascere con l’approvazione, almeno dal punto di vista del marchio, di Expo. Per fortuna, però, l’Esposizione universale di Milano sarà tutt’altra cosa e tra i visitatori della stessa, i miei contatti mi dicono, che ci saranno parecchi omosessuali.
Ma qual è l’immagine che in queste settimane sta avendo Milano agli occhi della comunità Lgbt internazionale, che segue con attenzione quanto succede all’ombra della Madonnina proprio perché a breve dovrà esserne ospite? Il dibattito è aperto.
Non dico che ci sia chi sta pensando di rinunciare alla visita che aveva in programma, magari con già il biglietto di Expo in tasca, ma in diversi mi stanno chiamando da fuori Italia – dall’Inghilterra, dagli Stati Uniti e persino dal Giappone – per sapere cosa diavolo stia accadendo a casa mia. Per sapere se Milano, città che continua ad avere la fama di un luogo gay-friendly, non stia all’improvviso cambiando bandiera; non abbia risposto affermativamente a certe lusinghe omofobe e quindi, quanto sia ancora opportuno per un omosessuale venire da noi ed aspettarsi di passare un’ottima vacanza ed un periodo di assoluta serenità e rilassatezza.
A voler sapere cosa stia succedendo, ci sono anche i vertici di Edge, un’associazione della quale io stessa mi onoro di far parte. Si tratta, come è possibile leggere sul loro sito, della “prima lobby italiana di professionisti, imprenditori e manager glbt”. Gruppo associato di professionisti, imprenditori e manager omosessuali, Edge “ha come obiettivo – si legge sempre on-line – quello di favorire la comunicazione tra i soci, allo scopo di migliorarne le condizioni sul piano personale, professionale, economico e culturale”.
Edge a sua volta fa parte di Egma, l’European gay & lesbian managers association, ma ha pure importanti partnership negli Stati Uniti, come quella con la National Gay and Lesbian Chamber of Commerce. Insomma, si parla spesso del peso dell’economia “omosessuale” e del ruolo che possa e che potrà avere nella crescita ma anche nel rilancio dei nostri mercati. Ebbene, da questo punto di vista, la rete Edge rappresenta un ottimo modello.
Proprio durante le settimane di Expo sarà in programma un’importante convention di Edge a Milano, un appuntamento che porterà ospiti illustri da tutto il pianeta, chiamati nel capoluogo lombardo a proporre nuove strategie di business e a raccontare i loro successi. L’intenzione è quella di non arretrare di un millimetro – stante l’organizzazione di “certi” convegni – e utilizzare l’importante occasione del summit milanese, per dirimere ogni dubbio nato sulla possibilità che il business omosessuale possa decollare anche da queste parti.
Un’opportunità che sarà sicuramente più forte di qualsiasi logo apposto indebitamente su convention anti-gay o presunte tali ma che non spaventerà certo personalità illustri e sicuramente “illuminate”. Il Bie, per le parole espresse dal suo Segretario, dimostra di pensarla alla stessa maniera. Così come, sono certa, l’amministrazione meneghina. Forse, però, c’è qualcuno a Milano che ancora preferirebbe non fare affari con la finanza Lgbt. Ma rappresenta il passato e alla fine non conterà nulla.
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