I nove imputati non avrebbero agito con dolo nell'utilizzo dei fondi pubblici. Tra loro anche il vicepresidente regionale Aldo Reschigna. Alla fine dell'indagine preliminare era stata chiesta l'archiviazione
Assolvere tutti e nove gli ex consiglieri regionali perché “il fatto non costituisce reato”. È questa la richiesta dei pm della Procura di Torino Enrica Gabetta e Giancarlo Avenati Bassi nel processo bis agli ex consiglieri regionali del Piemonte, che nell’ambito dell’indagine sui rimborsi ai gruppi regionali della scorsa amministrazione, avevano scelto il rito abbreviato. Tra gli imputati l’attuale vice presidente della giunta Chiamparino, Aldo Reschigna, la collega di giunta Monica Cerutti e il segretario del Pd piemontese Davide Gariglio.
Il 20 ottobre, dopo la richiesta di archiviazione da parte della procura, il gip Roberto Ruscello aveva ordinato l’imputazione coatta. I pubblici ministeri hanno quindi dovuto chiedere il rinvio a giudizio degli interessati nel giro di dieci giorni. Secondo la procura infatti non ci sarebbe stato “dolo” degli ex consiglieri nel chiedere i rimborsi contestati. In sostanza, viste le modalità con cui si svolsero gli episodi, non è emersa la consapevolezza, da parte dei consiglieri, di un utilizzo illecito dei fondi pubblici.
Con l’inchiesta sulle spese pazze erano finite a processo 41 persone con l’accusa di peculato e, in alcuni casi, di truffa. Avrebbero percepito rimborsi illeciti dal maggio 2010 al settembre 2012. Tra loro anche l’ex presidente regionale Roberto Cota. Il 14 luglio 2014 era quindi arrivata la prima decisione da parte in giudice: quattro condanne, quattordici patteggiamenti e ventiquattro rinvii a giudizio accusati di avere utilizzato i fondi dei gruppi consiliari per pranzi, cene e acquisti di ogni tipo, dal giardinaggio all’estetista, dalle cravatte ai videogame, dal Gratta e Vinci al frullatore. Il 13 ottobre scorso nel motivare le prime condanne il giudice che non si poteva parlare di pranzi e cene per “finalità istituzionali e di rappresentanza”.