Lo psichiatra Gennaro Perrino, dirigente dell'Asl di Napoli, è finito in carcere insieme a Vincenzo D'Alterio, detto 'o malato, boss del clan Mallardo. Che riceveva 800 euro al mese tra invalidità e accompagnamento. Secondo la Procura di Napoli, grazie a certificati medici compiacenti. Il precedente del "re di Roma" Senese
Lo chiamavano ‘o malato. Gli erano stati riconosciuti l’infermità mentale e i benefici previdenziali previsti per legge. Nella realtà, secondo la Procura di Napoli, è un boss del clan Mallardo, organizzazione criminale, egemone a Giugliano, terza città campana per numero di abitanti. Un boss falso invalido che otteneva, non solo, benefici carcerari, ma anche i soldi dallo Stato grazie a perizie fasulle e medici compiacenti.
Un clan, quello Mallardo, cresciuto ammazzando quando serve e formando una classe imprenditoriale capace di investire vagonate di soldi, provento delle attività illegali, in ristorazione, rifiuti, commercio ed edilizia corrompendo funzionari e assoldando politici. Il boss falso invalido si chiama Vincenzo D’Alterio. E’ finito in carcere insieme ad altre 11 persone, in una operazione del Gico della Guardia di Finanza di Roma. Ogni mese, dal 1988, D’Alterio percepiva l’invalidità civile, quale invalido totale, tradotti in euro: 286 ogni mese. Il tutto senza presupposti. Dal 1996 per D’Alterio anche l’indennità di accompagnamento: altri 499 euro mensili per un importo complessivo di 785 euro. La paghetta del boss mentre la sanità al sud affonda sotto la scure dei tagli.
Una truffa all’Inps andata avanti per 25 anni grazie a coperture e favori. Proprio per concorso in truffa con l’aggravante di aver favorito il clan Mallardo, è finito in carcere anche Gennaro Perrino (ex assessore del comune di Giugliano), direttore del dipartimento di salute mentale dell’Asl Napoli 2 Nord. Perrino è indagato anche per concorso esterno in associazione camorristica perché forniva le sue prestazioni al gruppo criminale, la sua professionalità al servizio del boss. In particolare, secondo l’accusa, si occupava di predisporre i falsi certificati medici che servivano a D’Alterio, non solo, per ottenere gli emolumenti previdenziali, ma anche benefici carcerari. ‘O malato così alleggeriva il suo carico con la giustizia e incassava, a fine mese, i soldi dallo Stato fino a quando due collaboratori di giustizia hanno raccontato tutto ai magistrati.
Indagato, con la stessa accusa, anche Claudio Radente, un altro medico, in servizio presso l’Asl Napoli 2. Secondo la Procura di Napoli, pm Giovanni Conzo e Maria Cristina Ribera, Vincenzo D’Alterio era a capo dell’ala militare del gruppo camorristico insieme ad altri due arrestati Giuseppe Ciccarelli e Giuliano Pianese, ques’ultimo formalmente dipendente proprio dell’Asl Napoli 2 Nord. Al gruppo sono stati sequestrati beni per 8 milioni di euro, e aziende operanti nel settore della panificazione e dell’intermediazione finanziaria. Ai domiciliari è finito, invece, Gaetano Cecere, agente della polizia penitenziaria, perché avrebbe rivelato ad un affiliato notizie coperte da segreto d’ufficio.
La storia della criminalità organizzata racconta diversi casi di boss che hanno usato medici compiacenti per ricevere sconti di pena, benefici carcerari e in qualche caso anche indennità previdenziali. Tra gli ultimi casi quello di Michele Senese, detto ‘o pazzo, uno dei re di Roma, boss di primo piano della criminalità capitolina, che per anni ha fatto il bello e cattivo tempo grazie alla sua follia, certificata da professionisti di primo ordine. Il Fatto raccontò, nel giugno 2013, la storia di Senese che nel lontano 1992 si era visto riconoscere l’invalidità civile per ‘schizofrenia paranoide’. Oggi Senese è in carcere per omicidio. Nella storia della camorra i boss ‘pazzi’ sono tanti grazie a professionisti, sani di mente, a disposizione della malavita.
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