“Il valore della notizia doveva prevalere” e le vignette o almeno la nuova copertina di Charlie Hebdo con Maometto in lacrime e con un cartello in mano con la scritta “Je suis Charlie”e la scritta “Tutto è perdonato”, dovevano essere pubblicate. A strigliare il New York Times con un intervento con il richiamo sulla home del sito è Margaret Sullivan. È il garante dei lettori del quotidiano newyorchese e per inquadrare il personaggio basti dire che sul suo profilo Twitter campeggia la foto di Dustin Hoffman e Robert Redford in Tutti gli uomini del Presidente, il film che raccontò al mondo su grande schermo lo scandalo del Watergate, svelato da un’altra prestigiosa testata Usa, il Washington Post.
“I lettori hanno risposto con passione, e in gran numero, al mio post della scorsa settimana in merito alla decisione del direttore di non pubblicare le ormai famose vignette Charlie Hebdo del profeta Maometto. (In realtà, non ho mai ricevuto più commenti su un post o articolo) – scrive la Sullivan -. La stragrande maggioranza dei lettori sono stati critici nei confronti della decisione del Times, perché hanno sentito fortemente che, sia a causa del valore di notizia e sia per rafforzare la libertà di espressione e dimostrare solidarietà con una pubblicazione sotto attacco, il Times avrebbe dovuto procedere alla loro pubblicazione”.
La Sullivan ricostruisce come la decisione di non pubblicare l’immagine, e di scrivere invece un articolo che linkava a un pezzo di Libération con la vignetta, abbia in qualche modo danneggiato i lettori provocando di fatto un “disservizio”. Il public editor punta il dito contro il direttore editoriale Dean Baquet che prima ha definito le vignette le “immagini più incendiarie”, poi ha ritenuto che quelle immagini non sarebbero state necessarie per raccontare la storia dell’attacco terroristico. Baquet, secondo la Sullivan, in una telefonata dai toni duri, ha ricordato questione relativa alla sicurezza, considerazioni importanti secondo la Sullivan, che ha anche ricordato l’attentato incendiario subito da un giornale tedesco, l’Hamburger Morgenpost, che aveva pubblicato le vignette di Charlie Hebdo all’indomani della strage.
“Non penso che sia stata una decisione da codardi” prosegue la Sullivan sottolineando le accuse che sono arrivate al giornale e riportando anche le riflessioni di Baquet, che ha sottolineato che molti lettori invece avevano apprezzato la sensibilità del Nyt. “Ho chiesto al signor Baquet martedì se avesse pensato di cambiare corso – come alcuni organi di informazione hanno fatto, tra cui The Wall Street Journal e The Washington Post per pubblicare l’immagine della copertina del nuovo edition. Mi ha detto che ci aveva pensato, ma aveva decise di non farlo, in linea con il suo pensiero originale”.
“Ecco il mio parere – scrive la Sullivan -. La nuova immagine di copertina di Charlie Hebdo è una parte importante di una storia che ha catturato l’attenzione del mondo la scorsa settimana. La vignetta in sé se può disturbare la sensibilità di una piccola percentuale di lettori Times, ma non è né sconvolgente, né gratuitamente offensiva. E ha senza dubbio un significativo valore di notizia“. Per Sullivan quindi in considerazione dell’evento, della sua portata mondiale e anche la copertura che è stata garantita quella immagine “doveva essere vista, giudicata e commentata”e “i lettori del Nyt non avrebbero dovuto andare altro per trovarla”.