Tra i tanti che hanno detto la loro dopo la strage di Parigi, non poteva mancare l’illuminato e illuminante Maurizio Gasparri.
Il vicepresidente del Senato della Repubblica Italiana (non un consigliere ad honorem di un circolo sportivo amatoriale), come riportato da Il Fatto, il 7 gennaio dichiarava: “L’Occidente se ne accorge ancora una volta troppo tardi, quando dovremmo essere più implacabili sempre e stroncare sul nascere ogni germe di fanatismo integralista. Basta ai barconi carichi di clandestini ma anche di predicatori dell’odio”.
Gasparri che parla di predicatori d’odio e come sentire una lectio magistralis sull’astinenza sessuale di Rocco Siffredi. Ma non finisce qui.
Con la delicatezza e la sensibilità che gli è congeniale, mentre tutto il mondo era sgomento davanti a tanta crudeltà, snocciolava già la soluzione: “Sappiamo chi sono e dove sono. Serve un’offensiva militare decisa. Meno soldi per pagare i riscatti. Usiamoli per armare gli aerei e colpire le centrali del terrorismo“.
Ma sì. Una bella guerra e passa la paura. Un po’ radicale come soluzione. Però funziona.
Come dire: il mal di testa si placa con un bel colpo di ghigliottina. Dategli torto.
Dunque, è già sgradevole che a poche ore si usino dei morti per fare campagna politica.
Ma la dichiarazione che più mi ha colpito è questa: “Non possiamo rinunciare alla democrazia e alla libertà di espressione, come di satira. Sarebbe una resa inaccettabile”. Ma pensa un po’. Maurizio Gasparri strenuo difensore del diritto di satira.
Chissà se è lo stesso Maurizio Gasparri che – all’epoca ministro delle Telecomunicazioni – faceva continue pressioni per censurare i servizi de Le Iene. Non può essere lo stesso Maurizio Gasparri che – come si vantava in un’intervista al Corriere della Sera – aveva chiesto che fossimo allontanati dal ministero perché temeva un’intervista “sgradita”.
Non può essere lo stesso Maurizio Gasparri che aveva chiesto – ed ottenuto – censure nei confronti di Daniele Luttazzi, Dario Fo, Sabina Guzzanti. Che addirittura chiedeva che non venisse trasmesso un documentario dal titolo Cocaina su Rai Tre.
No. Questo – non c’è altra spiegazione – deve essere un altro. Oppure, molto più probabile, è lo stesso censore di sempre.
E – contrariamente a chi pensa male, me compreso – lui solidarizza con Charlie Hebdo perché ne è assiduo lettore. Ha letto persino le vignette più cattive. Solo che, come al solito, non le ha capite. E questo spiega tutto.