Il presidente dell'Autorità anticorruzione firma una delibera che demanda alle giunte per le elezioni di Montecitorio e Palazzo Madama le decisioni sulle incompatibilità degli incarichi. Una scelta obbligata dovuta a un "buco" della legge Severino: "Non casuale", dicono all'Anac. E' la vittoria dei professionisti-parlamentari dopo una battaglia durata mesi
Gli ordini professionali hanno vinto. I loro presidenti che siedono anche in Parlamento potranno mantenere le doppie poltrone. Contrariamente a quanto si era creduto dopo la precedente delibera dell’Autorità anticorruzione, che allargava anche agli ordini le norme anticorruzione, il 9 gennaio il presidente Raffele Cantone ha infatti deliberato che solo le Giunte delle elezioni di Camera e Senato potranno decidere sull’incompatibilità degli incarichi. Una strada obbligata, secondo l’Anticorruzione. Uno scandalo secondo il Movimento 5 Stelle, che battaglia da mesi sul punto. Certamente una grande vittoria per la lobby degli ordini, che da tempo organizza la “resistenza” in Parlamento e pur di non vedersi applicare le norme su anticorruzione e trasparenza si è persino rivolta al Tar del Lazio.
La nuova delibera di Cantone si richiama alla norma sull’incompatibilità degli incarichi targata Severino. Il decreto stabilisce che gli incarichi “amministrativi” all’interno di enti pubblici sono incompatibili con le cariche di governo, ma quando parla di “funzioni pubbliche elettive” si riferisce esclusivamente al livello regionale e locale. Dimenticandosi, strano a dirsi, proprio i parlamentari. “Un vulnus della legge probabilmente non casuale” dicono off the record all’Anticorruzione “ma che ci lega le mani. Se l’Anticorruzione sarà audita in Parlamento potrà dire la sua sulla questione”. Così, sul vulnus della legge si spengono le grandi aspettative create dalla prima delibera di Cantone, le stesse che avevano fatto saltare sulla sedia gli ordini professionali e che adesso finiscono sul binario morto.
“Siamo delusi e sconcertati” dice a ilfattoquotidiano.it il deputato 5 stelle Massimo Baroni, uno dei più attivi su questo fronte. “I presidenti degli ordini dirigono gli uffici e hanno deleghe gestionali dirette” spiega. “Hanno poteri di spesa, eseguono delibere, ordinano pagamenti, sottoscrivono contratti e via dicendo. Questo vuol dire che secondo la legge sull’incompatibilità degli incarichi i presidenti possono essere assimilati agli amministratori”. E su questo la legge è chiara: nessun politico può ricoprire la carica di amministratore di un ente pubblico. E gli ordini professionali, secondo la precedente delibera di Cantone, sono enti “pubblici” non economici.
In ogni caso la palla passa adesso alla Giunta delle elezioni del Senato, il cui Comitato si riunirà per discuterne giovedì 15 gennaio, dopo che la questione è stata posta all’ordine del giorno a partire da una lettera del senatore pentastellato Alberto Airola al Presidente Piero Grasso. Ma l’esito della riunione pare già scritto. Non foss’altro perché nello stesso Senato siedono diversi presidenti di ordini professionali. In primis Andrea Mandelli (Fi) e Luigi d’Ambrosio Lettieri (Fi), rispettivamente presidente e vicepresidente della Federazione nazionale dei farmacisti, ma anche la Pd Annalisa Silvestro, presidente della Federazione degli infermieri e Amedeo Bianco (anche lui Pd), presidente della Federazione dei Medici, che da tempo guidano la “resistenza” nelle aule Parlamentari. E che hanno già ottenuto diversi risultati a loro favore.