Bruxelles apre la porta agli Ogm, toccherà ai singoli Stati chiuderla se contrari. Per la Presidenza italiana l’esito del voto di martedì in plenaria al Parlamento europeo, rappresenta un successo politico e un traguardo raggiunto: con 480 voti favorevoli, 159 voti contrari e 58 astensioni, è passata la riforma che permette ai governi nazionali di vietare la coltivazione di nuovi Ogm sul proprio territorio, anche in caso di parere favorevole della Commissione europea. Il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina e Gian Luca Galletti, che ha presieduto il Consiglio dei Ministri europei dell’Ambiente, parlano di successo per la Presidenza italiana.
Per il Commissario europeo alla Salute Tonio Borg è una riforma che dà ai governi piena libertà, “in linea con l’impegno della Commissione Juncker di aumentare il peso politico dei Paesi membri quando in gioco ci sono questioni cruciali come salute e ambiente”. E in effetti, il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ha dimostrato di tenerci particolarmente a questo accordo, chiedendo a Borg di essere sistematicamente presente, accanto a Galletti, in ogni tappa del confronto, culminato la notte del 3 dicembre scorso, dopo 24 ore di negoziati del “Trilogo”(Commissione, Parlamento e Consiglio europeo).
Con la vecchia normativa, la coltivazione di mais Pioneer TC1507
era stata approvata nonostante l’opposizione di 19 Stati su 28
Il progetto di riforma è in realtà stato partorito dalla passata Commissione Barroso, con l’obiettivo di cambiare la procedura basata sulla direttiva del 2001 e il regolamento del 2003. La Commissione basava il proprio parere favorevole sul via libera dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare, per bloccarlo, il Consiglio dei Ministri poteva solo esprimere una maggioranza qualificata (2/3), con risultati paradossali: nel febbraio scorso la coltivazione del mais del gruppo Pioneer, il TC1507 (che solo la Spagna vuole), è stata approvata nonostante l’opposizione di 19 Stati su 28. Bruxelles non è arretrata, offrendo come unica via d’uscita ai contrari, l’adesione alla riforma.
Finora un’opinione pubblica largamente critica sulla diffusione di nuovi Ogm ha contribuito a frenarne la coltivazione. L’unica ammessa in Europa è quella del mais MON810, di Monsanto: occupa lo 0.07% della superficie agricola dell’Unione europea ed è diffuso quasi esclusivamente in Spagna e Portogallo, con percentuali minime in Romania, Slovacchia e Repubblica ceca. Il giro d’affari per le multinazionali è dunque minimo se riferito alle coltivazioni. Ma l’Europa che non vuole piantare sul suo territorio gli Ogm, attinge a piene mani alle importazioni. Sono una cinquantina gli organismi transgenici autorizzati; mais, cotone, mele, patate, ma soprattutto soia e cereali per il bestiame. La soia transgenica rappresenta già oltre la metà di quella importata, mentre se non ci fossero gli Ogm in arrivo da Brasile e Stati Uniti, l’Europa non coprirebbe il fabbisogno di cereali per i suoi allevamenti.
Soprattutto da Brasile e Usa arrivano mais, cotone, mele, patate e cereali trasgenici. Senza i quali l’Europa non coprirebbe il fabbisogno degli allevamenti
La riforma ha cambiato gli equilibri. Il blocco dei paesi tradizionalmente anti Ogm ha rotto le file, procedendo in ordine sparso, l’Italia ha sposato nettamente la linea della Commissione, Germania e Francia sono rimaste su posizioni critiche, Regno Unito e Spagna invece nettamente pro Ogm. D’ora in poi, già durante la fase d’istruttoria condotta dall’Efsa, alla richiesta di un’impresa di introdurre un Ogm, lo Stato membro potrà rispondere escludendo il proprio territorio dalla “fase di coltivazione”, ricorrendo se necessario a un divieto formale, basato anche su generali ragioni socio-economiche e di politica agricola e ambientale. Il provvedimento sarà esaminato dalla Commissione e passati 75 giorni, lo Stato membro potrà procedere recependo o no le osservazioni di Bruxelles, potendo dire “No” in maniera unilaterale. Sette coltivazioni OGM già approvate aspettano solo che la nuova direttiva entri in vigore mentre il Commissario Borg ha già annunciato che sarà presto autorizzata la coltivazione del mais transgenico resistente ai parassiti TC1507 del gruppo Pioneer. Sì, lo stesso bocciato da 19 Stati su 28.
“Così vince la sovranità nazionale”. Ma per gli ambientalisti a vincere saranno le multinazionali
“Così vince la sovranità nazionale”, sostengono i promotori, Commissione in primis. Ma per gli ambientalisti si tratta di una vittoria di Pirro. Secondo il verde francese José Bové, politico e agricoltore simbolo delle battaglie ambientaliste e secondo numerose Ong del settore, questa nuova procedura nazionalizza il dissenso e frammenta la volontà, maggioritaria nell’opinione pubblica europea, di tenere fuori dal Vecchio Continente le coltivazioni Ogm: “L’unico risultato sarà rendere i singoli governi più esposti alle pressioni fortissime delle multinazionali favorendo l’introduzione di colture transgeniche. Monsanto potrà utilizzare le ambiguità giuridiche per attaccare i divieti nazionali davanti all’Organizzazione mondiale del Commercio”.
Il punto è che non votare la riforma avrebbe significato difendere lo status quo. Secondo l’europarlamentare Kateřina Konečná (Gue/Ngl) “il problema è che l’impatto sulla salute non è oggetto di una discussione pubblica e gli studi esistenti sono in gran parte finanziati dalle lobby pro Ogm”. Il prossimo passo per gli anti Ogm sarà agire in seno al Consiglio dei Ministri europei, perché la Commissione, come annunciato, tenga fede all’impegno di rivedere l’intero processo di autorizzazione. In 12 anni Bruxelles non ha mai rifiutato una richiesta avanzata dalle imprese e i critici puntano il dito sul curriculum degli esperti dell’Efsa scelti dalla Commissione. Il caso più eclatante 4 anni fa, quando José Bové ha denunciato il conflitto d’interessi del presidente: l’ungherese Diàna Bànati, era stata in precedenza nel comitato direttivo dell’International Life Science Istitute, la lobby che raggruppa le multinazionali dell’agroalimentare, da Monsanto a Nestlé.