Il pacchetto che contiene tutte le modifiche alla legge elettorale è stato presentato poco prima della scadenza. Dopo le proteste delle opposizioni, il presidente Grasso ha concesso più tempo. M5s: "Fretta inopportuna". La civatiana Ricchiuti: "Pratica inaccettabile"
Tre maxiementamenti al Senato per far andare più veloce la riforma della legge elettorale. Ore 20 di martedì 13 gennaio, la maggioranza (insieme a Forza Italia) tenta il mini golpe per impedire al Parlamento di cambiare il ddl per la riforma sul sistema di voto voluto da Matteo Renzi. Presentati pochi minuti prima del termine ultimo per avanzare le proposte di cambiamento al testo, sono la strada del leader Pd per riuscire a chiudere il prima possibile il capitolo a Palazzo Madama. L’idea dei maxiemendamenti era nell’aria da alcune ore, ma nessuno si aspettava che fossero presentati senza lasciare il tempo alle opposizioni di intervenire. “Una fretta scandalosa”, ha detto il capogruppo M5S Alberto Airola, “e inopportuna nel momento in cui il presidente della Repubblica si dimette e viene a mancare il garante della Costituzione”. Una pratica che ha lasciato senza parole anche la minoranza Pd: “E’ inaccettabile”, ha detto la senatrice civatiana Lucrezia Ricchiuti. “Non siamo in pochi a pensarla così. Siamo pronti a dare battaglia in Aula”. “Le leggi elettorali non si scrivono di notte con queste mediazioni e sotterfugi”, ha aggiunto il senatore bersaniano Miguel Gotor, “e tutto per impedire modifiche ai tre maxi-emendamenti”.
Dopo le proteste il presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso ha deciso di allungare i tempi per permettere all’opposizione di presentare le proposte di modifica al testo. “Già in Aula”, ha concluso Airola, “il mio collega Vito Crimi aveva denunciato questa situazione. Noi chiediamo semplicemente al governo di lasciarci lo spazio di discutere nel merito. Abbiamo presentato 25 emendamenti: non ci dicano questa volta che non siamo costruttivi. Piuttosto ci spieghino perché non hanno intenzione di lasciare spazio al dibattito”. Secondo la senatrice democratica Ricchiuti, molti dei senatori non sarebbero stati nemmeno avvertiti: “Nessuno, neanche il presidente Pietro Grasso ha avvisato i senatori che il termine per depositare i subemendamenti era stato fissato per le ore 23”. Neanche Luigi Zanda, capogruppo del Pd a Palazzo Madama, ha avvertito i componenti del suo gruppo. Secondo la ricostruzione che circola in queste ore a Palazzo Madama, il termine ultimo non è stato comunicato né all’Aula né ai singoli senatori. “Una cosa intollerabile”, ha aggiunto la Ricchiuti: “Ci sono colleghi che avevano lasciato il Senato e che in tutta fretta sono dovuti rientrare. La verità è che siamo diventati lo zerbino del governo, fanno quello che vogliono. È una vergogna, ma non siamo tre o quattro. Siamo pronti a dare battaglia in Aula”.
Fra i senatori infuriati c’è anche Loredana De Petris, esponente di Sel e capo del gruppo Misto che, raggiunta telefonicamente da ilfattoquotidiano.it, ha detto: “Sono stata avvisata verso le 21.15 mentre rientravo a casa. Non avevo ricevuto alcuna comunicazione, nemmeno via email. Ho avvisato di corsa alcuni colleghi, poi quando sono arrivata a Palazzo Madama, verso le 22, ho avuto persino difficoltà ad entrare. Una vicenda ignobile che ha limitato il potere di ogni singolo senatore: la colpa è anche del presidente Grasso. Per questo Sel chiederà la sospensione della discussione della legge elettorale”. Attacchi anche da Mario Mauro, esponente del gruppo Per L’Italia: “Grasso ha commesso un errore. Di fatto, è una vera dichiarazione di guerra ai critici della legge elettorale dietro la quale si nascondono i giochi che si stanno consumando nella corsa per il Quirinale”.
Hanno collaborato Giuseppe Alberto Falci e Giorgio Velardi