Sette ore di domande da parte del legale del più noto degli imputati, Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, oggi a capo di Finmeccanica. Ma al processo per la strage di Viareggio (32 morti) Paolo Toni, professore di ingegneria meccanica e consulente della Procura di Lucca non ha cambiato la sua versione: a causare il deragliamento, la notte del 29 giugno del 2009, è stata l’usura di un assile, che collega le due ruote sotto la cisterna, che si è spezzato. La cisterna inclinata, ancora in movimento, ha quindi urtato un picchetto, un pezzo d’acciaio tagliente piantato in verticale ai bordi del binario per regolarne le curve, che l’ha squarciata provocando la fuoriuscita di gpl, che ha portato al tragico epilogo, con la morte nel fuoco di 32 persone. I picchetti oggi sono sostituiti con tecnologie gps: da tempo avrebbero dovuto essere rimossi, per la loro pericolosità in caso di deragliamento. “E’ stato il picchetto a squarciare la cisterna. Nulla mi fa cambiare idea. Anche se adesso sono parecchio stanco dopo aver risposto per tante ore” dice Toni a ilfattoquotidiano.it al termine dell’udienza. “Difficile è prevedere – ha detto in aula – cosa possa succedere con uno svio sulla base di modelli matematici. La causa del disastro è data dall’usura, dalla rottura per fatica dell’assile: questa è la prima causa, la causa scatenante. L’infrastruttura era perfettamente in regola dal punto di vista tecnico. Le altre rotture sono conseguenti allo svio, non causa dello svio”.
Ma il legale di Moretti, Armando D’Apote, non si è accontentato di questa spiegazione e per 7 ore lo ha incalzato. Gli avvocati di parte civile si sono rivolti al presidente del collegio giudicante, Gerardo Boragine. “La invitiamo – hanno chiesto – a vigilare sull’adeguatezza, cioè sulla pertinenza e rilevanza di quelle che dovrebbero essere e non sono mai domande dell’avvocato D’Apote”. “Conoscete lo stile di D’Apote” ha risposto Boragine. “Per tutta l’udienza ha cercato di far dire a Toni le cose che pensa lui con discorsi lunghissimi che servivano solo a confonderlo. Siamo arrivati al punto che lui, l’avvocato, si è improvvisato ingegnere, facendo un disegno tecnico sul computer per mostrare cosa intendesse dire al professor Toni” commenta Marco Piagentini, che nella strage ha perso la moglie Stefania, 40 anni, e due dei tre figli, Luca e Lorenzo, rispettivamente di 4 anni e 17 mesi. Uno scontro che si è consumato anche con l’accusa: il pm Salvatore Giannino ha definito “falsa” la premessa di una delle domande di D’Apote e quest’ultimo ha replicato: “La prossima volta che il pubblico ministero usa la parola ‘falso’ nei miei confronti lo querelo”.
All’ingresso del polo fieristico di Lucca, dove si celebra il processo, oltre alle foto delle vittime, erano esposti due nuovi striscioni. “No alla prescrizione. Pagare tutto. Pagare fino all’ultimo giorno” e “Il nostro dolore non andrà mai in prescrizione“. Il rischio, infatti, è che uno dei capi d’accusa, l’incendio colposo, a giugno cada in prescrizione. Secondo Ferrovie dello Stato il problema non esiste. “Con la richiesta di rinvio a giudizio che c’è stata, si è aggiunto un anno e mezzo ai 6 anni dopo cui il reato viene prescritto: quindi il reato non cade in prescrizione nel giugno 2015, bensì nel dicembre 2016. Un periodo che permette secondo noi di arrivare a sentenza” ha spiegato a ilfattoquotidiano.it una fonte interna a Ferrovie. Di tutt’altro parere Piagentini. “Non si è parlato ancora di barriere di protezione, di velocità. Ci sono ancora tanti temi da toccare, ma se procediamo con questo ritmo… sembra che si voglia rallentare il processo”. Daniela Rombi, che nella tragedia ha perso la figlia di 21 anni (Emanuela Menichetti che era a casa di un’amica, Sara Orsi), aggiunge: “Si parla di 32 vittime bruciate vive in questa tragedia – dice – quindi non è possibile che ci sia il rischio che vada in prescrizione”. E mentre Napolitano lascia il Quirinale la Rombi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, insiste: “Non capiamo ancora il motivo per cui non siamo stati ricevuti dopo quello che abbiamo subito sarebbe stato il minimo”.