Venerdì 9 gennaio 2015, Gedda, Arabia Saudita ore 12. Mentre Il mondo occidentale è tutto intento a strapparsi le vesti in nome della libertà di satira, la giustizia di uno stato alleato si appresta a strappare la pelle dalla schiena di un suo cittadino, Raif Badawi.

Sua moglie e le sue bambine sono fuggite in Canada e questo è il video che gli ha inviato sua figlia Doudi ma Raif è in prigione a Gedda, condannato a dieci anni di carcere, 196.000 euro di multa e a mille frustate. La sua colpa? Aver osato mettere in discussione il ruolo della religione in Arabia Saudita in un blog, “Free Saudi Liberals”.

Raif è fortunato, il pm saudita non è riuscito a farlo condannare per apostasia, reato per il quale è prevista solo la pena di morte. Il giudice saudita è stato anche magnanimo. Invece di farlo frustare per mille volte in una sola sessione riparatrice, ha deciso di torturarlo per cinque minuti per venti venerdì di seguito: cinquanta frustate alla volta.

Raif Badawi, ammanettato e incatenato verrà fustigato per altre diciannove settimane (devono somministrargli ancora 950 frustate) ogni venerdì fino al 22 di maggio mentre una folla festante griderà nella piazza antistante la moschea di al-Jafali (come è già successo venerdì scorso secondo Amnesty International) “Allah-hu Akbar!”.

Allah sarà grande ma la giustizia saudita di certo non è misericordiosa.

Per maggiori informazioni, per aggiornamenti sul caso Badawi e per scrivere all’ambasciata saudita questo è il sito di Amnesty International Italia

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