Il ministro della Giustizia risponde agli attacchi del M5S sull'emendamento che copia e incolla la celebre legge ad personam berlusconiana. Ma nella relazione tecnica, disponibile sul web, si legge: "Eliminate zone di non punibilità". Civati: "C'è una serial-manina" che fa regali al "Nazareno"
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando risponde agli attacchi sul falso in bilancio dopo che ieri il gruppo M5S al Senato aveva sollevato il caso dell’emendamento governativo al ddl anticorruzione che di fatto “restaura” la famosa legge ad personam berlusconiana, pur aumentando le pene. “Mi auguro che la propaganda non pregiudichi il lavoro del Parlamento, che sta dando buoni risultati”, ha affermato il ministro Pd ospite alla presentazione del rapporto sulle agromafie. “La polemica è strumentale per la tempistica, visto che il ddl è in Senato già da qualche tempo. Dire che la nostra proposta indebolisce il falso in bilancio è contro la realtà”. Ma scorrendo i documenti tecnici pubblicati dal suo ministero, si scopre l’iniziale volontà di superare la norma in vigore in modo ben più netto.
La questione sollevata dai 5 Stelle riguarda la reintroduzione delle soglie di non punibilità per il falsi inferiori al 5% dell’utile o all’1% del patrimonio netto. Sono quelli previsti dalla legge attualmente in vigore (l’articolo 2621 del codice civile, riformato appunto da centrodestra nel 2003, mentre l’allora premier era imputato per quel reato), che però erano stati cancellati dal ddl anticorruzione (che accorpa fra gli altri il testo presentato da Piero Grasso prima di diventare presidente di Palazzo Madama) in discussione in Commissione giustizia al Senato. Ma uno degli emendamenti governativi depositati l’8 gennaio le reintroduce pari pari con un copia e incolla della norma berlusconiana.
Nessun “ammorbidimento”, afferma però Orlando. Attualmente il falso in bilancio “è un reato di danno ed è sostanzialmente snaturato. Noi lo trasformiamo in reato di pericolo con pene fino a 6 anni che quindi consentono anche le intercettazioni”. Da qui la ratio dell’intervento governativo: “Se qualunque tipo di condotta che alteri il bilancio, in particolare delle piccole imprese, dovesse essere punita con una sanzione di 6 anni, questo sarebbe irragionevole. Si può discutere su altre forme di distinzioni delle condotte o sulle soglie, ma se si alza la pena, ci deve essere un’attenzione nell’affrontare l’entità della falsificazione, soprattutto se si tratta di piccole imprese che possono anche non essere supportate da figure tecniche adeguate”. Quindi “non c’è nessun piano alle spalle” e “il patto del Nazareno non c’entra nulla”.
Le cose però non sono così semplici, specie all’interno del Pd. Dove qualcuno ricorda che ne testo vergato dal governo stesso all’indomani del cdm sulla riforma della giustizia del 29 agosto 20014, quelle soglie non c’erano. Il senatore Felice Casson la vede diversamente: “Sia chiaro che il testo del Pd, che da tempo vuole cambiare il falso in bilancio di Berlusconi, non è quello presentato da Orlando”, ha dichiarato l’ex magistrato, da tempo in rotta con il partito sul tema giustizia. “Peraltro proprio il ddl approvato dal governo a fine agosto eliminava le soglie che invece sono rispuntate. Di sicuro io stesso farò degli emendamenti e chiederò che le soglie di non punibilità siano eliminate”. Un’esternazione che l’M5S ha subito salutato e rilanciato come una conferma della denuncia di ieri. E dato che l’incidente segue di pochi giorni il caso della altre soglie contestate – quelle sulla frode fiscale che avrebbero salvato Berlusconi, contenute in un altro provvedimento gorvernativo poi bloccato da Matteo Renzi con tante scuse – Pippo Civati parla di “serial-manina” e chiama in causa di nuovo il premier: “Siccome la manina sembra molto simile a quella del decreto di Natale (nel senso del regalo al Nazareno, che a Natale è quasi filologico)”, scrive Civati sul blog, “immaginiamo che il premier vorrà assumersi la responsabilità di questo emendamento, anche perché cambia il senso del disegno di legge che il governo, attraverso il ministro della Giustizia, aveva presentato. E chi può smentire, a nome del governo, il ministro della Giustizia? La serial-manina”. Nessuna manina, replica invece il ministero, le soglie erano già state previste a novembre e i giornali ne parlavano già prima.
Vero è che il decreto sulle “Misure volte a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti” (n. 1287), depositato dal governo in Senato il 21 novembre 2014 prevede le soglie di punibilità, identiche a quelle contenute nell’emendamento contestato. Ma è anche vero che sul sito del ministero di via Arenula, alla voce “Riforma della giustizia”, si trova una relazione tecnica che raccomanda l’esatto contrario: “Meritano poi di essere riconsiderate le previsioni delle soglie di punibilità attualmente vigenti, legate alla natura estimativa delle violazioni ed all’entità delle falsità di bilancio”, si legge nel documento datato 17 luglio 2014, dunque successivo al 30 giugno in cui il governo Renzi annunciò via slide la volontà di cambiare la norma berlusconiana. “La fissazione di quelle soglie di punibilità, al di sotto delle quali è inibito l’intervento penale, ha fatto correre il rischio di incentivare le condotte di falso, pur sempre dannose per l’economia di mercato”. E nella stessa sezione il ministero precisa: “Sono eliminate, in particolare, le zone d’ombra e di non punibilità che finivano per incentivare meccanismi artificiosi tanto più difficili da scoprire quanto maggiori fossero le dimensioni della società”.
La relazione tecnica avverte della necessità di coniugare “il recupero di rigore per i fatti oggettivamente pericolosi (…) con l’esigenza di evitare una diffusività dell’intervento penale”. Problema evidentemente poi risolto con il ripristino delle soglie di non punibilità di berlusconiana memoria.