La corte d'appello riformula le pene, ma conferma la sentenza di primo grado per due dei tre imputati dell'inchiesta su un'azienda di Poggio Renatico che si occupa di smaltimento rifiuti. Per l'accusa chiesero soldi promettendo di chiudere un occhio sulle presunte violazioni in materia ambientale
Una assoluzione e due condanne a pene più lievi. Si chiude così il processo di appello a carico di due ex carabinieri del Noe di Bologna e di un imprenditore accusati di tentata concussione nei confronti di un’azienda specializzata nello smaltimento di rifiuti industriali speciali in provincia di Ferrara. Ad essere assolto è uno dei militari dell’Arma, Sergio Amatiello, mentre per il collega Vito Tuffariello i giudici hanno stabilito una pena di un anno e 10 mesi; l’imprenditore Marco Varsallona – il terzo imputato – è stato condannato a un anno e 8 mesi. In primo grado il tribunale aveva condannato Tuffariello a 2 anni e 4 mesi (era stata riconosciuta anche la rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio) e Amatiello e Varsallona a 2 anni e 2 mesi.
Al centro dell’inchiesta l’azienda Niagara, con sede a Poggo Renatico (Ferrara). A denunciare l’episodio, nel 2008, fu il legale rappresentante della società, Mauro Carretta. Secondo la ricostruzione della Procura i due carabinieri, in concorso con Varsallona, indussero Carretta – attraverso pressioni ed intimidazioni sui funzionari dell’azienda – a promettere tra i 20 e i 40mila euro per “ammorbidire” gli effetti dell’indagine su presunte violazioni delle normativa in tema ambientale.
In pratica avrebbero prospettato ai vertici dell’azienda che, pagando, avrebbero salvato gli impianti dal sequestro e loro stessi dalle misure cautelari. Il versamento della tangente però non ci fu: Carretta (“microfonato”, d’accordo con il reparto investigativo dell’Arma di Ferrara) fece un primo incontro con Varsellona, durante il quale pattuì la somma: secondo l’accusa però i due carabinieri mangiarono la foglia e il versamento saltò. Subito dopo Carretta denunciò i militari. Di qui l’ipotesi di concussione solo tentata e non consumata.
In sede di discussione il procuratore generale Miranda Barbace aveva chiesto pene più severe (tre anni per Amatiello e Varsallona e tre anni e due mesi per Tufariello), contestando il riconoscimento delle attenuanti generiche concesse dai giudici di prima istanza. Nonostante l’assoluzione e le pene ridotte, si dice “molto soddisfatto” l’avvocato Fabio Anselmo (parte civile insieme al collega Eugenio Gallerani in rappresentanza di Carretta e di due dipendenti). Il legale valuta tra l’altro l’assoluzione per “insufficienza di prove” di Amatiello come “la conferma della bontà l’impianto accusatorio: non si contesta l’avvenuto tentativo di concussione”.
“Comprendo – replica l’avvocato Desi Bruno, difensore di Amatiello – che le parti civili nei confronti di Amatiello, capitanate dall’avvocato Anselmo e che dovranno anche restituire 40mila euro di provvisionale cui non avevano diritto, non si diano pace, dopo aver lavorato per anni per distruggere la figura umana e professionale del luogotenente, ma non ci sono riusciti. La parte civile sta nel processo penale per ottenere, se ne ha diritto, un risarcimento, e non esiste nel nostro ordinamento l’accusa privata che sostituisce il pubblico ministero. Ma soprattutto i processi si fanno nelle aule di giustizia, altrimenti qualcosa non torna”.