La Regione ha impugnato la legge davanti alla Corte Costituzionale. Zaia: "Da quelle disposizioni irrilevanti benefici economici e sociali ed elevati pericoli ambientali. A rischio aree di pregio naturalistico e attività legate al turismo e alla pesca". Il tutto per "estrarre idrocarburi di dubbia qualità"
La Regione Veneto ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale le norme del decreto Sblocca Italia che consentono le trivellazioni in Alto Adriatico. Ad annunciarlo è il presidente Luca Zaia, secondo cui “queste disposizioni nazionali, calpestando tutte le competenze regionali in materia di governo del territorio, turismo, protezione civile, salute, produrranno irrilevanti benefici economici e sociali ed elevati pericoli ambientali per il territorio italiano, già caratterizzato da rilevanti rischi geologici e ambientali”. “Si favorisce così una nuova e irragionevole colonizzazione del territorio e del mare italiano da parte dell’industria petrolifera”, aggiunge Zaia, “mettendo a rischio aree di pregio naturalistico e paesaggistico e fiorenti attività economiche legate al turismo e alla pesca, con lo scopo di estrarre idrocarburi di dubbia qualità che agli attuali tassi di consumo, valutate le riserve certe a terra e a mare censite dal ministero dello Sviluppo economico, potrebbero coprire il fabbisogno nazionale per un periodo non superiore a un anno”.
Cancellando i divieti normativi attualmente in vigore in queste zone, con il decreto si legittimano soprattutto le trivellazioni nella fascia dell’Adriatico davanti al Veneto e a Venezia. “E questo – sostiene il governatore – senza che sia mai stata accertata l’assenza di rischio di subsidenza (abbassamento, ndr) delle coste. Anzi è accertato il contrario: la Regione del Veneto ha stanziato risorse per fronteggiare il fenomeno dell’abbassamento dei terreni in Polesine. Legittimare le trivellazioni nell’Adriatico in zone sensibili come Venezia è pura follia!”.
“Queste norme dello Sblocca Italia – conclude Zaia – violano non solo tutte le competenze della Regione ma non porteranno un centesimo ai veneti, perché le risorse andranno tutte solo e unicamente “a vantaggio dello Stato”. Sono disattesi anche principi comunitari, come quello di precauzione, attraverso la legittimazione di attività economiche in assenza di una certezza scientifica e di prove sufficienti a dimostrare che non c’è un nesso causale tra l’esercizio delle attività e gli effetti nocivi sull’ambiente e sul territorio. Altra norma assurda è quella sugli inceneritori, anch’essa impugnata dal Veneto. Spoglia le Regioni di tutte le competenze urbanistiche e ambientali e, irragionevolmente, favorisce gli inceneritori a discapito del riciclo e della riduzione della produzione di rifiuti, come richiesto dalle direttive comunitarie”.