L’ipotesi di applicare il pm milanese Alfredo Robeldo alla procura generale di Venezia, per farlo poi rientrare a Milano, quando il procuratore Edmondo Bruti Liberati sarà in pensione, è tramontata. Non ci sono i presupposti normativi e di questo ha preso atto oggi la Settima Commissione del Csm, che avrebbe dovuto avviare l’iter necessario.

Solo ieri sembrava fatta. Un anno di lavoro a Venezia, come sostituto Pg; poi, per il magistrato, il ritorno alla procura di Milano, quando il capo dell’ufficio avrà lasciato la magistratura per raggiunti limiti di età, nel suo vecchio incarico di capo del pool anticorruzione, da cui è stato rimosso nell’ottobre scorso. Il Csm avrebbe potuto chiudere con questa soluzione di mediazione, per la quale si era speso il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, lo scontro alla procura di Milano; un confitto che va avanti da quasi un anno, da quando Robledo ha accusato Bruti di irregolarità nell’assegnazione di delicati fascicoli e che, tra reciproci esposti, è culminato con la sua estromissione, decisa dal procuratore, dalla guida del dipartimento dei reati contro la pubblica amministrazione.

La soluzione sembrava arrivata in corner, visto che oggi la Prima Commissione avrebbe dovuto votare sull’avvio della procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità nei confronti di tutti e due i protagonisti del conflitto o di uno solo di loro.
Su Bruti e Robledo resta il rischio di iniziative disciplinari del Pg della Cassazione e pende il giudizio del Csm sulla conferma nei loro incarichi. Così come Palazzo dei marescialli deve ancora pronunciarsi sulla decisione del procuratore di “silurare” il suo aggiunto dall’anticorruzione, avocando la delega a sé. Una decisione, quella di Bruti, che sta avendo ancora strascichi: da ultimo l’iniziativa di alcuni pm del pool di chiedere al procuratore la nomina di un nuovo responsabile, lamentando la stasi di questi mesi.

Perché si possa disporre l’applicazione, cioè il trasferimento temporaneo di un magistrato che proviene da un altro distretto giudiziario, è necessario infatti che l’ufficio che avanza la richiesta abbia una scopertura superiore alla media nazionale. Non è il caso della procura generale di Venezia, il cui indice di posti vacanti è di poco superiore al 7 per cento, a fronte di una media nazionale del 10 per cento. Per questo la Settima Commissione, pur avendo ricevuto la richiesta della procura generale di Venezia di due applicazioni per posti di sostituto procuratore generale, ha dovuto bocciare la richiesta.

Peraltro, proprio oggi, un’altra Commissione di Palazzo dei marescialli, la Terza, aveva già provveduto alla copertura dei due posti di sostituto Pg a Venezia, all’esito di un bando di concorso che riguardava gli uffici giudiziari di appello. Non si sa ora quali decisioni prenderà la Prima Commissione sullo scontro alla procura di Milano, visto che è tramontata l’ipotesi che avrebbe consentito di chiudere il caso con l’archiviazione. Non è escluso che prenda ancora tempo, in attesa che si verifichi se c’è lo spazio per soluzioni alternative, cioè per destinare temporaneamente Robledo a un altro ufficio giudiziario. Ma nemmeno che si esprima con un voto sull’avvio della procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità nei confronti di entrambi i protagonisti dello scontro o di uno solo di loro.

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