La Fondazione Lang Italia ha calcolato che ogni euro dato al Lacor Hospital di Gulu, la più grande struttura sanitaria non profit dell’Africa equatoriale, crea un "valore sociale" di 2,74 euro. Ma l'indicatore utilizzato, il Social return on investment, deve essere affinato. E la metodologia presenta ancora molti punti deboli
In tempi di risorse scarse alle onlus non basta più, per trovare sostenitori, raccontare e magari commuovere. Meglio misurare concretamente il beneficio sociale creato. E, meglio ancora, monetizzarlo. Il parametro del momento è il Social return on investment (Sroi), che in italiano suona come un capovolgimento di prospettiva rispetto al ben più noto “return on investment” (Roi) della finanza, con cui si valuta la redditività del capitale investito in una certa attività. Lo Sroi è il rapporto numerico tra i benefici generati da un progetto sociale nella comunità di riferimento e l’ammontare delle donazioni ricevute dal progetto in un arco di tempo definito, tipicamente l’anno. Ma per mettere in relazione queste due grandezze è necessario “convertire” in valori monetari i benefici sociali, una sfida molto rischiosa.
Uno dei primi esempi italiani significativi è il calcolo dello Sroi applicato al Lacor Hospital di Gulu, nel nord dell’Uganda, fondato nel 1959 dai missionari Comboniani, oggi la più grande struttura sanitaria non profit dell’Africa equatoriale con oltre 250mila pazienti l’anno. La Fondazione Piero e Lucille Corti, il principale sostenitore italiano dell’ospedale, ha commissionato l’analisi alla Fondazione Lang Italia, ente non profit dedito alla ricerca e alla formazione nel campo della filantropia strategica. Il costo di 7mila euro è stato finanziato dalla Fondazione Cariplo. “Per non sottrarre risorse all’attività istituzionale e assicurare l’indipendenza della valutazione”, ha precisato la segretaria generale della Fondazione Corti, Laura Suardi. Lo studio ha analizzato l’attività dell’ospedale dal 2010 al 2014, attingendo ai dati di bilancio (certificato dalla società di revisione Bdo) e alle informazioni raccolte attraverso interviste a una serie di soggetti che gravitano attorno all’ospedale.
Il numeratore del rapporto, cioè i benefici, consiste nella somma di spese dell’ospedale per salari e acquisti, spese dei pazienti e dei loro accompagnatori durante il ricovero o le visite in ambulatorio (vitto, trasporti), spese degli studenti tirocinanti, fatturato di attività commerciali e di servizio legate alla presenza dell’ospedale. Tutto considerato, lo Sroi nel 2014 è risultato pari a 2,74. Vale a dire che ogni euro donato ne ha generati 2,74 di valore sociale. E’ un valore alto o basso? Nessuno lo sa perché non ci sono termini di confronto riconosciuti; siamo tuttavia in un campo ancora del tutto sperimentale e lo studio dev’essere giudicato in questo contesto, come un esercizio innovativo e coraggioso.
La metodologia presenta poi altri punti deboli. Non si è cercato di monetizzare benefici sanitari, ma sono state usate grandezze “nativamente” monetarie e in parte scollegate dalla natura del servizio: i salari, per esempio, avrebbero potuto riferirsi anche a una grande azienda industriale o commerciale. Quanto alle spese di vitto e trasporto dei pazienti, cambiando punto di vista si potrebbero anche considerare uno svantaggio per le famiglie. Infine, il calcolo esclude a priori che ci possano essere gli impatti negativi (vedi l’inquinamento) legati a quasi tutte le grandi opere.
“Certamente lo Sroi non è un parametro esaustivo e rappresentativo di tutto il valore sociale di un progetto, va sempre integrato con altri indicatori”, commenta Lucia Martina, segretario generale della fondazione Lang Italia. “Per il Lacor infatti abbiamo usato anche parametri qualitativi sulle prestazioni sanitarie, come le cure erogate alla popolazione più povera. Però lo considero un passo importante verso standard condivisi di misurazione del benessere sociale, che permettano di confrontare i valori nel tempo e tra progetti differenti. Inoltre, a differenza di altre valutazioni, si fonda su dati storici e non su ipotesi future”.
Altre metodologie, non ancora sperimentate in Italia, provano a “trasformare” il miglioramento della salute in un beneficio economico di lungo periodo misurando, ad esempio, il reddito percepito dalle persone che hanno potuto riprendere a lavorare, o trovare lavoro, grazie al fatto che l’ospedale le ha guarite. In generale, lo Sroi può essere calcolato in tanti modi diversi e non solo nel campo della sanità. Nel mondo non si contano le nuove idee messe in campo dalle organizzazioni non profit in tutti i settori, dall’agricoltura all’istruzione. La community internazionale dei valutatori è lo Sroi network, un ente britannico con sede a Liverpool e iscritti in 37 Paesi, che promuove la sperimentazione e la condivisione dei modelli di calcolo.
Lo Sroi infine è solo uno dei tanti modi di valutare l’efficacia dei progetti sociali. Il panorama è ricchissimo ed è fotografato con rigore da Iris, network internazionale promosso dalla fondazione statunitense Rockefeller, che mette a disposizione gratuitamente a tutti gli utenti registrati un vasto catalogo di metriche del non profit, filtrabile per settori, in cui trovare le più adatte al proprio progetto. Obiettivo di Iris è arrivare a standard condivisi internazionalmente che rendano possibile un confronto anche su variabili non monetarie.