“La mia identità di sinistra non è in discussione. Sono figlio di un operaio e sindacalista della Cgil, sono cresciuto nei centri sociali e l’unica mia candidatura politica è stata con i Disobbedienti di Casarini“. Simone Regazzoni, 39 anni, genovese, non l’ha presa troppo male. E’ il portavoce di Raffaella Paita, vittoriosa alle primarie liguri del Pd. Ma è anche un filosofo, professore a contratto di Estetica a Pavia, dopo un soggiorno parigino sotto le ali di Jacques Derrida. Nel 2012 Regazzoni aveva partecipato ad un dibattito organizzato da Casapound sul suo libro Sfortunato il Paese che non ha eroi. E quindi, oggi, apriti cielo. Non si va in casa del nemico, non si accetta il confronto con Casapound. Le accuse lo hanno investito come un treno in corsa.
Regazzoni prova ad argomentare la propria difesa. “Intanto il dibattito risale al 2012 quando non avevo alcun incarico politico. Quella vicenda viene strumentalizzata e lo posso capire ma non ho nulla da rimproverarmi – dice a ilfattoquotidiano.it – Un filosofo nello spazio pubblico ha il dovere etico di non sottrarsi ad alcun confronto di idee, in particolare di quelle difficili”. Regazzoni cita Giulio Giorello, studioso certamente di sinistra che prima di lui ha accettato il confronto con Casapound. E del giornalista Luca Telese, pure lui disposto ad affrontare il nemico ideologico senza farsi scrupoli di sorta. E tuttavia la sua posizione di portavoce di un esponente del Pd qualche imbarazzo glielo ha creato: “Indubbiamente: se si vuole giocare con i contenuti di un libro è facile farlo. E comprendo che una volta scesi nell’agone della politica si fanno considerazioni diverse. Ma, ripeto, ho la coscienza a posto”. E Raffaella Paita come l’ha presa? L’attacco, dopotutto, è diretto a lui, che è già è alle prese con le polemiche sui voti che si sospettano comprati in blocco e con le sue aperture sfacciate al centrodestra: “Mi ha detto di andare avanti e di fare tutto ciò che ritengo giusto fare”.
Cosa contiene di tanto stuzzicante per la destra estrema il suo libro? Il titolo capovolge la celebre sentenza di Bertolt Brecht sugli sventurati Paesi che hanno bisogno di eroi: “Brecht aveva condensato in quella frase la classica visione di sinistra ostile all’eroismo come valore estraneo alla sua cultura – spiega – Io riporto invece la figura dell’eroe in una dimensione etica, seguo l’insegnamento di Lacan. Nel libro tento di sottrarre i valori dell’eroismo e del coraggio alla destra, che da sempre ne ha fattole sue bandiere. Cerco di dimostrare che esiste un’etica dell’eroismo e del coraggio anche a sinistra che è quella di chi vuole andare fino in fondo, difendendo le proprie convinzioni, al di là di ogni calcolo di opportunità. Il mio eroe di sinistra ha una dimensione etica e si rifà ad un filosofo francese della sinistra, Alain Badiou. Anche Sartre e lo storico italiano Pavone concordano con questa visione”.
Nessuno scandalo, dunque, insiste Regazzoni. Che sulla copertina del libro ha voluto l’immagine di Clint Eastwood. “Eastwood per la sinistra è stata l’icona di una certa cultura americana di destra. Nel corso degli anni anche gli intellettuali di sinistra lo hanno riabilitato e i suoi film oggi sono considerati politicamente corretti e tutt’altro che reazionari. Nel mio libro faccio una provocazione e chiedo: è possibile compiere lo stesso percorso di Eastwood anche da noi? A Casapound avevo chiesto se ritenevano esistesse un eroismo dei partigiani durante la Resistenza e la risposta era stata: sì”. Chi è l’eroe contemporaneo assimilabile a questo schema? “Barack Obama, a cui ho dedicato il secondo tomo del mio lavoro, edito da Ponte alle Grazie. Obama ha avuto il coraggio di imporre la propria visione anche a costo di perdere consenso nell’opinione pubblica americana. Ha mostrato quello che io chiamo l’etica della responsabilità”.