Il fanatismo è una patologia psichica ed esiste da sempre, ma ci sono tempi, situazioni e paesi che sembrano favorirlo, offrendogli spazio e incoraggiamento; allora il fanatismo, che sia religioso, politico o sportivo, può diventare una malattia sociale che porta con sé angoscia, terrore e perversione.
Ho constatato come questo fenomeno derivi da gravi frustrazioni, personali e/o sociali, che, non riuscendo a essere superate, possono trasformarsi in esigenza di rivalsa a qualunque prezzo, spegnendo la coscienza della complessità, il senso critico, la ragionevolezza e anche un codice morale fino a lì condiviso.
Si pietrifica allora nella mente un obbiettivo unico dal quale si è posseduti e che diventa fissazione. Così tutto l’orrore di cui sono capaci gli esseri umani diventa possibile e la storia passata e presente ne porta il peso.
Ma sarebbe un errore definire gli agghiaccianti comportamenti fanatici come mostruosi, bestiali e disumani, perché invece è proprio una caratteristica umana quella di avere una coscienza di sé e di poterla alterare nella patologia, quella di essere capaci di una crudeltà senza ragioni e senza confini.
La reazione fanatica alla frustrazione scatena infatti un delirio di onnipotenza con la conseguente formazione di un Ego ipertrofico e questa miscela può diventare davvero esplosiva. Abbiamo quindi ragione di temere il fanatismo, l’arbitrio del potere sull’altro e il piacere del comportamento sadico che lo accompagna.
Dovremmo tutti cercare di contrastarlo, per esempio nell’educazione in famiglia e nella scuola, parlando delle conseguenze del fanatismo nella nostra storia, coltivando in noi stessi e negli altri il difficile piacere della complessità delle cose umane e sapendo accettare, di fronte a una frustrazione, un salutare periodo di tristezza che consente, dopo, una reazione ragionevole e misurata.
Il Fatto Quotidiano, Lunedì 5 gennaio 2015
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