Il fondo da 12 milioni di euro per interventi a favore dell'ambiente è stato concesso a fronte di un impegno politico dell'amministrazione locale: fare pressione sulla giunta Bonaccini. Proteste degli ambientalisti
Un fondo da 12 milioni di euro per interventi a favore dell’ambiente, in cambio di un preciso impegno politico del Comune: fare pressione sulla Regione, per spianare la strada a nuove trivellazioni. Il tutto messo nero su bianco in un accordo di collaborazione tra Eni e l’amministrazione di Ravenna: trenta pagine, firmate a fine dicembre, che hanno scatenato la rivolta degli ambientalisti e delle opposizioni. A non andare giù è soprattutto quella promessa, una novità rispetto ai precedenti protocolli, che trasforma il Comune in un ambasciatore delle trivelle presso viale Aldo Moro. Secondo il fronte del no, si tratta del prezzo da pagare al colosso dell’energia, che a sua volta finanzierebbe studi sull’abbassamento del suolo e sul fenomeno della subsidenza .“E’ un ente pubblico che fa un’azione di lobbying per un’azienda” è stato il commento di Sel, a cui è seguita una lunga serie di critiche, che va da quelle del Movimento 5 stelle a quelle di Legambiente.
Per capire meglio però bisogna tornare indietro di almeno nove mesi. È aprile quando la Regione, allora guidata da Vasco Errani, decide di imporre lo stop a tutte le nuove attività di ricerca e coltivazioni di idrocarburi. Non solo nelle zone del sisma, ma in tutta la Regione, da Rimini a Piacenza. Una decisione presa in “via precauzionale”, dopo la diffusione dei dati della Commissione di ricerca Ichese. Nei risultati dello studio si affermava di “non poter escludere” un collegamento tra le attività di estrazione e perforazione del sottosuolo e i 2 terremoti del maggio del 2012. Lo stop viene ordinato attraverso una delibera, la numero 547 del 23 aprile 2014.
Ed è proprio questo documento a essere citato nel nuovo accordo quadro tra l’amministrazione romagnola e l’Eni. “Il Comune – è scritto nel testo – si impegna a mettere in atto le opportune azioni affinché la Regione Emilia Romagna riveda le moratorie contenute nella delibera”. Insomma, Ravenna indossa i panni del supporter delle trivelle e promette di presentarsi in Viale Aldo Moro, per convincere Stefano Bonaccini a cancellare con un tratto di penna il divieto e a dare così il via libera per nuove attività di ricerca di idrocarburi. “C’è stata una trattativa con Eni e si è deciso nella massima libertà” assicura l’assessore alle Attività produttive, Massimo Cameliani, parlando con Ilfattoquotidiano.it. “Quell’impegno è coerente con il parere espresso in un protocollo presentato in passato, al ministero dello Sviluppo economico. Niente di nuovo e niente da nascondere: siamo convinti che gli idrocarburi siano una delle risorse energetiche più importanti. Se quella della Regione è una mossa presa solo in via cautelativa, senza studi scientifici che assicurano nesso diretto tra terremoto e attività estrattive, allora ci chiediamo: che senso ha bloccare tutto, danneggiando le imprese e l’occupazione? È una misura eccessiva, perché non rivederla?”.
Di fronte all’impegno pro-trivelle, il patto prevede che il colosso dell’energia stanzi, nell’arco di tre anni, 12 milioni di euro. Soldi da impiegare in diverse attività: monitoraggi, ricerche e studi, concentrati soprattutto sulla subsidenza, fenomeno che da anni ormai preoccupa i romagnoli. Si tratta dell’abbassamento del fondo marino, che in mezzo secolo ha fatto perdere all’Emilia Romagna 100 milioni di metri cubi di sabbia.“Le risorse che arriveranno da Eni saranno destinate a interventi a favore della riqualificazione, dell’occupazione, e per l’abbattimento dell’erosione”. Una partnership, quella tra Eni e il Comune di Ravenna, firmata per la prima volta nel 1993 e via via riconfermata ogni tre anni.
Oggi però è mal digerita dagli ambientalisti. In prima fila Legambiente: “Siamo stupiti che di fronte alla mole di dati già disponibili da anni, che mettono in relazione l’abbassamento del suolo con le attività umane, in particolare l’estrazione di acqua e metano dal sottosuolo, si debba ancora studiare la subsidenza. Basterebbe fare un giro al Lido di dante che sta scomparendo”. A gamba tesa anche il Movimento 5 stelle: “Per qualche milione di euro, il Comune consegna il proprio territorio, già largamente compromesso, al dissesto irreversibile della subsidenza, dell’erosione e dell’ingressione marina” ha commentato Francesca Santarella, consigliere comunale. In difficoltà anche Sel, che in giunta a Ravenna ha anche un suo assessore, Valentina Morigi, con delega al Bilancio. “È inaccettabile e estraneo a qualsiasi logica di coalizione che un ente si impegni con un’azienda privata, a fare azione di lobbying in suo nome” ha fatto sapere il parlamentare Giovanni Paglia in una nota. “Abbiamo già chiesto ai nostri consiglieri regionali di vigilare affinché questa richiesta, qualora realmente venga dal Comune di Ravenna, non sia minimamente presa in considerazione”.