Emilia Romagna

Charlie Hebdo: basta complottismi, confrontiamoci con la realtà

Ho aspettato tanto prima di scrivere. Non lo volevo fare, ma sono arrivato alla saturazione. Quello che è successo a Parigi a mio avviso è di una gravità assoluta e mi sono accorto di non avere i mezzi necessari per comprendere il fenomeno nella sua complessità.

Ritengo però inaccettabili i discorsi dietrologici e complottisti. Così come ritengo scandalosi i politici che fino a qualche anno fa provavano in ogni modo a limitare la libertà di stampa e oggi si infarciscono la bocca di bieca retorica cattolica e concetti quali la libertà di informazione. L’Italia è sempre più simile a quel piccolo paese svizzero, Coira, descritto da Thomas Bernhard ne Il Soccombente, in cui “il fetore del cattolicesimo arrivava fino al cielo”.

Inoltre provo un forte senso di impotenza nel leggere tutti i commenti sui social network che rastrellano cinicamente quel minimo di like per aver scritto l’interpretazione più originale, rivendicando di averla annunciata da sempre o peggio ancora quelli che invocano la guerra santa, di religione. Queste rimangono, a mio avviso, sterili posizioni che servono solamente a misurare la dimensione del proprio ego.

Ma il vero problema, per molti, sono i documenti persi, l’addestramento in Siria pagato dai servizi segreti americani, il fatto che non si siano immolati facendosi saltare per aria ma abbiano solamente sparato. Si cerca sempre di demonizzare la complessità, di avere facili punti di riferimento per non perdersi. Questo rincuora la comprensione, dà valore al quotidiano e incasella nel nostro schema mentale le anomalie che incontriamo nella vita. Il tutto per dare un ordine e un senso agli accadimenti. Dare rilevanza a questi dettagli non fa altro che alimentare le paranoie per costruirsi una realtà parallela nella quale tutto ha un filo logico che rientra in un disegno più ampio. Un po’ come completare un puzzle. Ma tutto è più complesso e imprevedibile, non possiamo pretendere di dare un ordine a eventi caotici come questo. E tutte queste verità che molti si sentono di avere in tasca non fanno altro che rallentare i processi di comprensione.

Se si continua così si ritornerà, come sempre e da sempre a provare, a cercare di capire perché uno ha perso i documenti, senza invece comprendere il perché uno ha imbracciato un mitra e ammazzato delle persone.

Ritengo inaccettabili anche affermazioni quali “però in Africa l’altro giorno hanno fatto tot morti”, perché sono paragoni inopportuni, decontestualizzati storicamente e culturalmente. La nostra società è il frutto di un sedimento storico, di lotte sociali e di rapporti di forza che l’hanno portata, ad oggi, ad avere questa conformazione. Di fatto imparagonabile a quella di paesi che hanno subito, ad esempio, la colonizzazione e che ora, ad esempio, sono in piena guerra civile.

Però del ruolo terribile della religione nel fare proseliti nei ceti sociali meno abbienti per arruolare fedeli da mandare in giro a macellare i blasfemi e a farsi macellare in nome di Dio, nessuno ne parla. Ebbene io ne sono disgustato. Il ruolo della religione come strumento di riscatto sociale è, da sempre, un dato di fatto. Ed è, da sempre, deprecabile.

Dalle banlieue (in questo caso parigine) la repressione dello Stato si è sentita maggiormente negli ultimi vent’anni, soprattutto durante il governo Sarkozy, e la popolazione, non avendo né i mezzi né gli strumenti per respingerla, ha accettato, a mio avviso, la religione come elemento di contrasto, salvifico e identitario. Questo, si badi bene, avviene perché a nessuno interessa un fico secco della vita di questi individui. La civile società occidentale che, per mantenere il suo stile di vita, bombarda ciclicamente, cattolicamente e cristianamente, interi paesi di dodicenni nel sud del mondo, non ha avuto né la capacità né la volontà di creare le condizioni per un miglioramento attivo delle sue periferie. Anzi. Ogni sua scelta si è rivelata fallimentare. È in questo contesto, credo, che nasca la rabbia, l’abbandono e l’avvicinamento alla religione che diventa, quest’ultima, politica e propaganda per il riscatto sociale. La religione propone obiettivi e allevia dalla solitudine, dunque, per molti, dà un senso alla vita.

Ma siamo di fronte anche a una grande sconfitta: le lotte antifasciste che negli anni hanno provato a portare avanti valori quali la libertà di espressione e di culto hanno miserevolmente fallito. Sono state fagocitate da un sistema che le ha stritolate e, non riuscendo più a reagire, si sono arrese, diventando sempre più insensibili verso le fasce sociali meno abbienti, trattandole come il “popolino” abbietto, ormai obliato e perso. E allora che cosa ci si aspettava? Quale altro fattore, oltre alla religione, poteva riempire il vuoto presente nelle periferie parigine popolate, in maggior parte, da generazioni di immigrati lasciati ai margini della società di un paese colonialista e imperialista?

Non c’è nessun problema di documenti persi, di servizi segreti o di complotti vari. Dobbiamo solamente avere il tempo e la pazienza di capire quello che sta avvenendo. Ora come ora, in Europa, non c’è “nessuna garanzia per nessuno. Nessuna”.

 

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